Così Sergio Caci in merito al deposito nazionale di scorie radioattive. 

<<La Tuscia continua ad essere sotto attacco. Stiamo diventando un laboratorio a cielo aperto o il ricettacolo di ogni forma di industria? Dall’invasione delle rinnovabili, allo stoccaggio di scorie radioattive, addio ai dolci paesaggi tosco-laziali e alla serenità.

Dopo una lunga fase istruttoria, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato sul proprio sito l’elenco delle 51 aree idonee per il deposito nazionale delle scorie nucleari, contenuto nella Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAPI). Salta subito all’occhio, leggendo l’elenco, che tranne per una regione del nord, tutti i siti idonei sono nel centro-sud Italia e 21 dei 51 sono nel Lazio e tutti nel viterbese.

Il lavoro sviluppato da Sogin, che di fatto non tiene conto delle osservazioni raccolte, mi lascia perplesso e mi preoccupa. E anche la pubblicazione fatta sul sito del Ministero può indurre a sottovalutare il problema.

Si parla di 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività, provenienti dal mondo medico/civile e sfuggono gli ulteriori 17 mila metri cubi di rifiuti a media e alta attività per il cui decadimento sono necessari migliaia di anni e che avrebbero bisogno di un altro tipo di stoccaggio.

E’ chiaro che Sogin, nonostante le osservazioni e gli studi fatti, persevera nell’errore.

Mi spiego meglio. Quando, nel luglio 2021 il consiglio comunale di Montalto di Castro approvò all’unanimità le osservazioni ed il mandato di partecipazione alla consultazione pubblica indetta dalla Sogin, i tecnici incaricati evidenziarono più aspetti, sia tecnici che amministrativi, per i quali non era possibile individuare la Tuscia tra i siti idonei.

In particolare si suddivisero le osservazioni in due parti, presentandole insieme ai comuni di Tuscania, Ischia di Castro e Tessennano, che fanno parte dell’Area Interna Alta Tuscia Antica Città di Castro.

𝐎𝐥𝐭𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐭𝐞𝐜𝐧𝐢𝐜𝐚, 𝐩𝐮𝐫 𝐟𝐨𝐧𝐝𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐞, 𝐟𝐮 𝐝𝐚𝐭𝐨 𝐫𝐢𝐥𝐢𝐞𝐯𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐚 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐭𝐢𝐯𝐚 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐚𝐥𝐮𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐫𝐞𝐚 𝐨𝐠𝐠𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐯𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐨𝐭𝐭𝐨 𝐥’𝐚𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐠𝐞𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐜𝐨, 𝐫𝐢𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐭𝐫𝐚𝐭𝐞𝐠𝐢𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐞 𝐀𝐫𝐞𝐞 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐞 𝐢𝐧𝐝𝐢𝐜𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐚𝐥 𝐆𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐧𝐞𝐥 𝟐𝟎𝟏𝟒 𝐞 𝐩𝐨𝐢 𝐢𝐧𝐬𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚 𝐧𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐦𝐛𝐢𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐏𝐍𝐑𝐑.

𝐈𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐢𝐛𝐮𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐏𝐍𝐑𝐑 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐭𝐫𝐚𝐭𝐞𝐠𝐢𝐚 𝐍𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐞 𝐀𝐫𝐞𝐞 𝐈𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐞 (𝐒𝐀𝐈) 𝐬𝐚𝐫𝐚̀ 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐚𝐝 𝐮𝐧’𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐦𝐨𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭𝐞𝐫𝐚̀ 𝟐,𝟏 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐚𝐫𝐝𝐢 𝐝𝐢 𝐞𝐮𝐫𝐨 𝐧𝐞𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐬𝐬𝐢𝐦𝐢 𝐭𝐫𝐞 𝐚𝐧𝐧𝐢.

𝐐𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐞𝐠𝐢𝐚 𝐦𝐢𝐫𝐚 𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐬𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐚𝐫𝐠𝐢𝐧𝐚𝐥𝐢𝐳𝐳𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞𝐝 𝐢 𝐟𝐞𝐧𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐝𝐞𝐜𝐥𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐦𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐜𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐚𝐫𝐞𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐏𝐚𝐞𝐬𝐞. 𝐄 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐭𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐞? “𝐈𝐧𝐯𝐞𝐬𝐭𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐮𝐭𝐞𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐜𝐡𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢𝐨 𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐥𝐨𝐜𝐚𝐥𝐢, 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐢𝐳𝐳𝐚𝐧𝐝𝐨𝐧𝐞 𝐥𝐞 𝐫𝐢𝐬𝐨𝐫𝐬𝐞 𝐧𝐚𝐭𝐮𝐫𝐚𝐥𝐢 𝐞 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚𝐥𝐢, 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐢 𝐜𝐢𝐫𝐜𝐮𝐢𝐭𝐢 𝐨𝐜𝐜𝐮𝐩𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢 𝐞 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐞 𝐨𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀”.

𝐌𝐢 𝐬𝐞𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐞 𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐬𝐭𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐬𝐮𝐬𝐬𝐞𝐠𝐮𝐞𝐧𝐝𝐨 𝐯𝐚𝐝𝐚𝐧𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐢𝐫𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐫𝐢𝐚.

Difendiamo il progetto delle Aree Interne e tuteliamo la ricchezza del nostro territorio. Non si può fare a meno di agire, con petizioni, ricorsi o qualunque altro strumento utile per fermare questo scempio. Intanto bene hanno fatto i sindaci della Tuscia ad alzare le barricate, ma ora bisogna fare di più e coinvolgere l’intera popolazione.

Mi muoverò in questa direzione insieme a tutti coloro che avranno a cuore questa battaglia.

Insieme bisognerà fare una nota alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ora si occupa direttamente della Coesione Territoriale e quindi delle Aree Interne ed all’Unione Europea, per evidenziare come i nostri denari investiti in cose belle, rischiano di andare persi: il lavoro di anni di tutela della ricchezza del territorio, dello sviluppo turistico e culturale non può essere interrotto.

Ultima beffa, anzi paradosso: la proposta del sindaco di Trino Vercellese, che ha candidato il suo comune a area di stoccaggio, non è stata presa in considerazione. C’è una visione razionale e lungimirante.

Se Trino era sito di produzione (dai tempi del piano energetico nazionale di Pandolfi degli anni ottanta ) con annesse scorie, tanto vale esserlo anche di stoccaggio così si eleva la sicurezza per il presente e per il futuro.

Ma il paradosso è che Trino non è tra i 51 comuni selezionali. Andava bene per la produzione, ma non per lo stoccaggio. È cambiata la morfologia del territorio? È diventata zona sismica? Misteri italiani.>>

Riceviamo e pubblichiamo

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