Rubrica settimanale di Politica Nazionale a cura di Micaela Taroni

Vasco Rossi festeggia in questi giorni i 40 anni di “Vado al massimo”, il brano forse più amato del rocker emiliano, inno alla vita e manifesto delle generazione dei primi anni 80.

E al massimo va anche Elly Schlein, astro nascente della sinistra italiana, figlia dei rampanti anni 80 e ora ben decisa a scalare la vetta del Pd andando all’arrembaggio della poltrona di Enrico Letta.

Come Vasco anche Elly parte dall’Emilia rossa e gaudente, ex roccaforte comunista che ha vissuto non senza conflitti la progressiva dissoluzione dei valori della classe operaia e la perdita del simbolo falce e martello.

Elly schlein meme by demarco – Dago fotogallery

A Bologna, città orgogliosa dell’identità antifascista, della tradizionale buona amministrazione civica, attenta al welfare e ai servizi pubblici per la collettività, Elly Schlein si è fatta le ossa. Candidatasi alle elezioni regionali in Emilia Romagna del 2020, è stata eletta al consiglio regionale arrivando a ricoprire il ruolo di vicepresidente nella giunta di Stefano Bonaccini.

Alle elezioni politiche del 25 settembre si candida alla camera nelle liste del Pd e viene eletta deputata. Non contenta, ora si lancia nella corsa per la segreteria sfidando proprio il suo maestro Bonaccini, di cui in regione è stata braccio destro.

E’ a lei che un’ala del Pd guarda con grande speranza.

Donna, under 40, dichiaratamente omosessuale, ecologista, radicale ma non populista, Schlein incarnerebbe sia l’immagine del rinnovamento interno che della questione di genere e dei diritti civili, con un profilo non troppo ostile al sistema.

Certo, se l’obiettivo è rilanciare il Pd uscito malconcio (ma non steso) dalle elezioni parlamentari di settembre richiamandosi ai valori del lavoro e dell’integrazione sociale, la Schlein non appare certo la candidata ideale.

Sì perchè la 37enne italo-americana, che ha anche la cittadinanza svizzera essendo nata a Lugano non può certo essere il megafono di una classe operaia ormai al tramonto travolta da globalizzazione, digitalizzazione e precariato.

Piuttosto è espressione di una certa elite radical-chic, di cui il Pd è diventato negli ultimi anni indiscusso portavoce in politica.

Schlein, anni fa giovane volontaria nella campagna elettorale di Barack Obama, è mediatica e piace a molti elementi di punta del firmamento dem tra cui Dario Franceschini che per Elly si sbilancia molto: “Lei è una sveglia”. Sveglia Schlein lo è senza dubbio.

Chi la sostiene spinge sulla evidente contrapposizione Elly-Giorgia, con la Schlein nelle vesti di segretaria anti-Meloni.

Per riuscire con il sostegno della cordata giusta a conquistare l’ambita poltrona, Schlein deve misurarsi con la concorrenza interna di un’altra donna anche lei rigorosamente nata in Emilia. Si tratta di Paola De Micheli,  piacentina, 49 anni, già parlamentare, ex ministra delle Infrastrutture.

Con un curriculum di rispetto, De Micheli ha molte carte in regola. Anche lei sarebbe in grado di togliere il Pd dall’imbarazzo di non avere mai avuto un segretario donna, in più è anche un collaudato elemento di punta dell’organico di partito.

C’è un però: per chi vorrebbe un cambiamento radicale, De Micheli è troppo di sistema. Parlamentare da quattro legislature, sottosegretaria nei governi Renzi e Gentiloni, ministra nel secondo Conte, il suo volto non rappresenterebbe quella rottura che dalla base si evoca per cambiare indirizzo politico.

E cioè per fare del Pd un partito più di lotta (a Meloni) che di governo.

Micaela Taroni

Micaela Taroni (Stampa Estera)

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