Incontro al Teatro Brancaccio dell’Unione dei centri diagnostici che lanciano un appello al Governo Meloni.

La sanità territoriale è in fermento!

La politica di riduzione delle tariffe imposte dal Sistema sanitario nazionale sta mettendo a rischio la sostenibilità finanziaria dei laboratori di analisi, riuniti sotto la sigla UAP (Unione ambulatori e poliambulatori).

All’assemblea generale al Teatro Brancaccio a Roma i centri diagnostici privati accreditati lanciano l’allarme. “La collaborazione tra il settore pubblico e quello privato o è un pilastro del nostro sistema sanitario nazionale.

Le strutture private accreditate sono parte integrante del sistema.

Con più di un miliardo di prestazioni annue, pari al 60 percento del totale delle prestazioni erogate forniamo servizi essenziali che alleggeriscono il carico delle strutture pubbliche, garantendo tempi di attesa ridotti e accesso a tecnologie avanzate”, ha detto Luca Marino, vicepresidente della sezione unità di Unindustria al nostro microfono.

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L’Uap è sul piede di guerra.

Il Ministero della salute intende tagliare i rimborsi delle prestazioni sanitarie fino all’80 percento sia alle strutture pubbliche sia alle private convenzionate.

“E’ fondamentale che si prenda coscienza della gravità di questa situazione perchè è in gioco la salute collettiva” spiega Mariastella Giorlandino, rappresentante Salute Università e Ricerca di Confapi, la Confederazione italiana della piccola e media industria privata. In molti casi le tariffe previste dal Nomencaltore Tariffario predisposto dal Ministero della Salute sono addirittura inferiori a quelli dei materiali.

“Il Governo si ricordi dell’articolo 32 della Costituzione sul diritto alla salute”, chiede Mariastella Giorlandino. L’ingresso delle tariffe introdotte dal nuovo Nomenclatore di specialistica ambulatoriale bloccherà l’abbattimento delle liste di attesa, con una drammatica ripercussione sui 36mila posti di lavoro degli addetti italiani, che perderanno il proprio posto a vantaggio delle grosse multinazionali estere.

“Chiediamo quindi al Governo di prendere coscienza che la sanità va tutelata per cittadini e imprenditori. Le regioni del Nord Italia più virtuose, come la Lombardia e l’Emilia Romagna hanno già approvato i propri nomenclatori tariffari, che prevedono tariffe più vantaggiose.

Ci si chiede il motivo per cui non possano essere adottati i medesimi nomenclatori anche nelle regioni del Sud Italia, che sono in piano di rientro”, dice la Giorlandino.

Preoccupato è anche Walter Rufini, il presidente di ANISAP (Associazione Nazionale Istituzioni Sanitarie Ambulatoriali Private) che ricorda che la sanità privata accreditata consta di circa 8.000 strutture in tutta Italia.

“Tra i nostri associati sono a rischio anche 36.000 posti di lavoro, fra cui mille medici, mentre le liste d’attesa già in forte aumento subirebbero un tracollo epocale poichè i cittadini non avrebbero più la possibilità di prenotare prestazioni in oltre 5.300 centri privati che finora grazie a centinaia di milioni di prestazioni annue, costituivano una essenziale valvola di sfogo in aiuto alle strutture pubbliche.

La Uap teme che le nuove tariffe possano dividere ancora di più l’Italia per diversità del servizio del sistema sanitario. Il pericolo è che molti malati delle regioni del sud si mettano alla ricerca di strutture nel Settentrione.

“Questa è una disparità del sistema che il cittadino non dovrebbe più subire” conclude la Giorlandino.

Corrado Orfini

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