Appuntamento settimanale con la Dott.ssa Giulia Gregorini

Le donne oggi si confrontano con modelli sociali confusivi e ideali, rispetto a cui è facile sentirsi fallimentari.

Le aspettative sulle donne sono spesso disumane: una donna dovrebbe essere una madre accudente, una lavoratrice efficiente, una moglie amorevole, una saggia amica e in perfetta forma fisica.

Nel passato il ruolo della donna era depotenziato nella sfera lavorativa e centrale nell’organizzazione domestica.

La famiglia si strutturava su ruoli maggiormente definiti, apparentemente più complementari.

Oggi le famiglie vivono ad una velocità inafferrabile, di pari passo con le continue trasformazioni sociali.

È una società digitale in cui si sono stravolti gli schemi educativi e relazionali.

L’obiettivo non è fare un confronto tra il prima e il dopo, decretando l’assetto migliore ma riconoscere la necessità di recuperare un’attenzione alla persona che rischia di perdersi nei ruoli e nei modelli.

Il senso di colpa delle donne

Non è mai possibile generalizzare quando si parla di persone, esiste una imprescindibile unicità, non semplificabile attraverso il genere ma è importante fotografare alcuni aspetti che possono riguardare l’esperienza collettiva.

Le donne hanno una particolare vulnerabilità al senso di colpa.

Le ragioni sono molteplici, da rintracciare in primis nella storia personale.

Tra i denominatori comuni che possono contribuire all’insorgenza del senso di colpa vi sono un’educazione ricevuta focalizzata sul senso del dovere e un confronto con aspettative alienanti.

Una donna che non ha figli è considerata incompleta; una donna che non lavora è ritenuta non realizzata, una donna in sovrappeso attiva commenti intrusivi e gratuiti.

Ciò non significa cavalcare un vittimismo femminista, ma al contrario sensibilizzare verso una responsabilità soggettiva delle donne, che corrisponde ad un profondo senso di sé stesse e delle proprie scelte.

Amarsi per amare

La maternità non è un’isola felice ma è un territorio incerto in cui non esistono guide ma scoperte creative, passi incerti, paure, gioie, umori contrastanti.

È il regno dell’ambivalenza, spesso taciuta perché ritenuta un attacco all’amore per i propri figli ma non è così.

È un’ambivalenza umana, fisiologica e sana che vede protagonisti il bisogno di esistere per l’altro e il desiderio di vivere per sé.

Si tratta di fare spazio senza annullarsi.

È un’esperienza rivoluzionaria emotivamente, straordinaria e difficilmente descrivibile.

Si crea un fraintendimento confondente e pericoloso. Molte donne pensano e sentono erroneamente che amare i figli significa vivere per loro.

Un figlio ha disperato bisogno di sentire che non è tutto per la mamma.

Forniamo alcune pillole, input di riflessione per sostenere la ricerca di consapevolezza;

  • Un figlio ha bisogno di sentire una mamma vitale. Se una donna si annulla con la maternità inevitabilmente si struttureranno aspetti di sofferenza, rabbia inespressa e possibili tratti depressivi che veicoleranno nella relazione con il figlio.
  • Un bambino ha bisogno anche del papà. Per le donne che non hanno altri spazi oltre a quelli con il bambino è difficile non instaurare una relazione simbiotica. Se per una prima fase della crescita la simbiosi è fisiologica, poi può divenire disfunzionale. La mamma ha il compito prezioso di fare spazio al papà e il papà di saperlo occupare, costruendo una co- genitorialità.
  • I figli crescono e necessitano di graduali autonomie: se un bambino sente nel profondo di essere “tutto” per la madre sperimenterà difficoltà nel separarsi da lei, perché vivrà il sano desiderio di crescita e autonomia come una sottrazione e un tradimento verso la mamma.
  • La delusione è necessaria per crescere. Sembra paradossale ma poter deludere un genitore significa essere certi del suo amore e poter costruire la propria identità, differenziandosi dalle aspettative familiari. Analogamente, è fisiologico essere delusi dal genitore, perché ciò permette di umanizzarlo e de-idealizzarlo. La delusione favorisce l’intimità e l’autenticità nella relazione. Ciò tendenzialmente avviene a partire dall’adolescenza ma i semi si infondono sin dalla prima infanzia. Un bambino che sente che mamma non ha altre fonti di gratificazioni può sentirsi iper-responsabile di renderla felice, dovendo essere il “bambino ideale”, sacrificando i suoi bisogni.

Prendersi cura delle donne madri nella società significa riequilibrare un sistema complesso fondato sulla co-responsabilità, che vede protagonisti una moltitudine di attori, tra cui i padri; il lavoro; le agenzie educative; la cornice politica e i mass media.

Una mamma è una Persona, con bisogni soggettivi, relazionali e sociali.

Potersi appropriare del diritto di amarsi e prendersi cura di Sé è un dono prezioso anche per i propri figli.

A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini

Giulia Gregorini (Psicologa Psicoterapeuta)

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