Atti vandalici nella notte contro il muro per i lavori al Porto Crociere

C’è un vandalismo che nasce dalla rabbia, uno che nasce dalla noia e poi c’è quello che nasce,
semplicemente, dalla totale inutilità.
È quest’ultimo che sembra aver colpito la recinzione sulla spiaggia del vecchio Faro di Fiumicino, dove
ignoti — che immaginiamo fieri del proprio gesto come un adolescente in crisi d’identità — hanno
pensato bene di danneggiare un tratto della struttura installata dalla società Fiumicino Waterfront Srl.
Ringhiere divelte, cemento sbeccato, pezzi sparsi sull’arenile come coriandoli dopo un carnevale fuori
stagione.

E per cosa, esattamente? Per protestare? lasciare un segno? Per difendere la spiaggia?
No, per il nulla. Un vandalismo che non ha uno straccio di messaggio politico, una rivendicazione, un pensiero — niente. Solo distruzione gratuita, degna dei peggiori sfoghi da sabato sera andato storto.
Sì, la recinzione era stata contestata. Sì, il progetto del porto turistico crocieristico divide la città. Ma rompere qualcosa senza nemmeno il coraggio di firmarsi non è un atto di protesta, è solo un capriccio incivile.
Perché se la critica è sacrosanta, la violenza – anche quella contro le cose – resta vuota, sterile e vigliacca.

A farne le spese, come sempre, non è chi ha deciso l’opera né chi la contesta con cognizione di causa.
Ma l’intera collettività, che si ritrova con uno spazio ancora più degradato, tra cemento rovinato e polemiche che adesso rischiano di essere oscurate dalla solita, deprimente stupidità.
E come spesso accade, anche questa volta, la rabbia si confonde col rumore e il dissenso serio viene zittito dalla becera ignoranza.
Certo che molte dichiarazioni inopportune non hanno fatto bene a questo clima di intolleranza, e ci si chiede se il “cretino” sia locale o addirittura proveniente da altri Comuni interessati alla disputa sul porto.
Ci auguriamo che chi ha compiuto il gesto venga identificato. Non tanto per punizione, ma per poter finalmente chiedere: “Ma ti sei sentito migliore dopo? No, davvero: ne è valsa la pena?”
Corrado Orfini
