Il Professor Poletti ci racconta il “Vero senso del 25 Aprile” con cenni storici e citazioni eccellenti

Ogni anno, il 25 aprile torna nel calendario come una ricorrenza. Ma non dovrebbe mai essere solo questo.

Troppe volte ridotto a commemorazione rituale o arena per contrapposizioni ideologiche, questo giorno rappresenta invece l’atto fondativo dell’Italia democratica, il giorno in cui ha scelto di essere libera, indipendente e sovrana.

È la data in cui si celebra la fine dell’occupazione nazifascista e la vittoria della Resistenza, ma anche qualcosa di più profondo: il momento in cui il popolo italiano ha detto “basta” e ha voluto riprendere in mano il proprio destino.

Non tutti volevano che le cose andassero così.

Come spiega bene lo storico Andrea Manzella in un recente articolo, gli Alleati – cioè gli eserciti angloamericani che combattevano contro i tedeschi – pensavano a una Resistenza “controllata” e “contenuta”, fatta di sabotaggi isolati e azioni mordi e fuggi condotte da piccole unità: “sentinelle perdute” da impiegare dietro le linee tedesche.

Temevano la formazione di bande partigiane permanenti, difficili da controllare e potenzialmente portatrici di un progetto nazionale autonomo.

Ma la realtà superò i loro piani. La Resistenza italiana prese una strada diversa.

Nacquero vere e proprie formazioni partigiane, con migliaia di donne e uomini che, armati o disarmati, scelsero di combattere per la libertà e per un’Italia nuova.

Era una scelta non solo militare, ma anche politica e morale.

Ferruccio Parri

Come disse Ferruccio Parri, uno dei comandanti della Resistenza e futuro presidente del Consiglio, l’obiettivo non era solo liberare l’Italia, ma farlo con “il carattere dichiarato e manifesto di insurrezione nazionale”.

La Resistenza divenne dunque molto più di un episodio bellico: fu la riaffermazione del diritto degli italiani a decidere del proprio futuro.

Un momento cruciale avvenne nell’inverno del 1944.

Gli Alleati fermarono temporaneamente l’offensiva contro i tedeschi sulla Linea Gotica, e chiesero ai partigiani di interrompere le loro azioni. Ma i partigiani italiani non accettarono.

Luigi Longo, dirigente comunista e comandante militare, scrisse una “circolare” (chissà perché questo termine burocratico) in cui affermava con orgoglio: “Caratteristica del movimento partigiano è l’iniziativa dal basso e la solidarietà popolare e nazionale”.

Era un modo per dire: la nostra lotta non si ferma, perché è la lotta di un popolo che vuole essere libero. È l’Italia che si riscatta da sola.

Il valore di quella scelta è stato riconosciuto anche dopo la guerra. Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, nel suo famoso discorso a Parigi del 1946 quando, contro la formulazione «stentata e agra» della «cobelligeranza»,

rivendicò ricordò il sangue dei “cinquantamila patrioti caduti”, distinguendo l’Italia dei resistenti da quella del fascismo sconfitto.

Quei caduti erano la prova che l’Italia aveva saputo riscattarsi da sola, senza delegare tutto agli eserciti stranieri.

E ancora nel 1951, a Strasburgo, De Gasperi parlava di un’Europa libera e unita, fondata sulla collaborazione tra popoli sovrani.

Un’idea che sarebbe entrata nella Costituzione italiana, all’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Il 25 aprile, dunque, non è il passato: è un’eredità ancora viva.

In un mondo dove risorgono nazionalismi aggressivi, guerre e ingerenze straniere, ricordare il significato profondo della Resistenza è più attuale che mai.

Non si trattò solo di cacciare un occupante, ma di costruire un’Italia libera, capace di scegliere il proprio futuro, con dignità e autonomia.

E come scriveva Benedetto Croce, parlando dell’Italia del dopoguerra, i partigiani erano “pari nel sentire e nel volere a qualsiasi più intransigente popolo della terra”.

Non cercavano privilegi, ma dignità. Non volevano dominio, ma pace giusta.

Non chiedevano riconoscimenti, ma rispetto.

Quando si festeggia il 25 aprile, dovremmo ricordare che non celebriamo una parte, ma l’intero Paese che ha scelto la libertà.

E quella libertà, per dirla con le ultime parole di Franco Balbis, partigiano e ufficiale dell’esercito italiano, fucilato dai fascisti il 5 aprile 1944 al Poligono del Martinetto di Torino: “La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.”

E aggiunse: “Io muoio, ma l’idea che è in me non morirà mai. La libertà è bella come la vita.”

Paolo Poletti

Paolo Poletti, Professore Universitario, è nato a Civitavecchia (Roma) il 6 giugno 1956.

Studioso specializzato nella business economic e security intelligence, nelle investigazioni contro lo
spionaggio industriale e nella sicurezza logica, nonché cibernetica in particolare.

In precedenza, ha prestato servizio nella Guardia di finanza per 34 anni: licenziato dall’Accademia
del Corpo nel 1978, ha raggiunto il grado di Generale di divisione.

Tra gli incarichi più significativi, è stato Comandante del Nucleo di polizia tributaria di Roma,
Sottocapo e poi Capo di Stato Maggiore al Comando Generale.

Nel 2008 è stato nominato Vice direttore dell’Agenzia per le informazioni e la sicurezza interna,
dove ha prestato servizio fino al giugno 2015.

Da allora al gennaio 2017 ha ricoperto lo stesso incarico presso l’Agenzia per le informazioni e la sicurezza esterna.

Presidente di Securitalia Security Solutions.

Ha frequentato il Corso Superiore di Polizia tributaria nella Guardia di finanza; è laureato in
Scienze politiche presso l’Università Statale di Milano e in Scienze della sicurezza economico
finanziaria presso l’Università di Roma, Tor Vergata.

E’ consigliere Comunale nella città natale di Civitavecchia

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