Si chiede alla Federazione Calcio più tutela nei confronti degli arbitri di periferia

Si chiede alla Federazione Calcio più tutela nei confronti degli arbitri di periferia

Dietro ad ogni arbitro c’è una vita, un percorso di sacrifici e tanta sofferenza. Ha destato molto interesse in tutta Italia l’articolo di qualche giorno fa dove si chiedeva al mondo del calcio più attenzione e tutela nei confronti degli arbitri di periferia, spesso vittime di aggressioni e di atteggiamenti al limite del codice penale.

Tanti giovani arbitri e tanti genitori mi hanno descritto le paure e le angosce di quello che dovrebbe essere solo un “gioco” ma che per ignoranza, incapacità, frustrazione e totale mancanza di rispetto finisce per diventare un incubo senza via di uscita.

Ragazzini mandati su un campo di calcio che devono gioco forza sottostare ai sogni di madri e padri dei piccoli Cristiano Ronaldo, spesso coetanei degli stessi fischietti, umiliati e malmenati solo per soddisfare il narcisismo degli adulti, incapaci di insegnare con gesti pratici il vero valore dello sport.

Molti genitori non si rendono conto che l’imprecazione o una tentata violenza ad un ragazzino è motivo di tensione o una vera e propria umiliazione nei confronti dei papà e delle mamme dei giovani fischietti.

In tanti “perdonano l’errore di un piccolo portiere o di un attaccante”, ma sono pronti ad insultare (mettendo a rischio lo stato mentale) l’arbitro.

La Federazione deve ritrovare la capacità di ascolto.

Quando mi dicono “non posso fare il nome perché ho paura di una sospensione” significa che qualcosa non funziona.

A scrivermi diversi arbitri – di cui non farò i nomi – che mi hanno raccontato la loro esperienza ma soprattutto la difficile convivenza con un mondo del pallone lontano dalle logiche del fair play tanto sponsorizzato dai dirigenti per farsi belli in tv.

“Purtroppo sono stato vittima di una vile aggressione dove ho riportato 4 punti di sutura alla testa.

Un dirigente mi ha tirato sulla fronte una bottiglia di birra.

Risultato? Appena due anni di squalifica.

Si chiede alla Federazione Calcio più tutela nei confronti degli arbitri di periferia

Nessuno della Federazione si è fatto vivo per chiedermi come stavo”.

Dalla Sardegna, Diego, punta il dito sui rimborsi bassissimi: “Non voglio che venga fatto il mio nome per paura di ritorsioni.

Tengo a sottolineare che svolgo questa attività per pura passione, il problema è che il rimborso è troppo basso. Se tutto va bene dobbiamo aspettare tre mesi per ottenere cinquanta euro a partita (comprese le spese di pranzo e benzina).

Il caro vita aumenta, ma il rimborso non aumenta mai”.

Violenza, insulti di tutti i tipi destabilizzano il giovane arbitro tanto da chiedere in certi casi ai propri genitori di restare a casa per non esporli all’umiliazione.

“Sono un genitore di un arbitro 17enne. Sto male ogni partita, soffro per lui, mi devo tappare le orecchie e cercare di convincermi che quello in campo non è mio figlio.

Altrimenti mi metterei al livello di ciò che ascolto.

Ad ogni intervallo ci scambiamo messaggi, come nella partita di oggi durante la quale mi ha scritto ‘Non ce la faccio più’ ed io a incoraggiarlo di tenere duro, di portare a termine la partita con polso e serenità.

E così è andata per fortuna”.

“Ho due figli 17 e 14 anni, entrambi arbitri – ci scrive un papà – da sempre sostengo che il male del calcio sono gli adulti.

Genitori che credono di avere dei fenomeni e allenatori amatoriali che si credono tutti special one.

Il calcio dovrebbe tornare ad essere disciplina, talento e passione.

Ormai si fa a gara a chi è il migliore. Sono scomparsi i valori”.

Un utente, invece, sottolinea quanto sia fondamentale insegnare ai giovani calciatori il regolamento del calcio perché, in certi casi, è l’ignoranza a creare polemiche sterili.

“TUTTE le società dovrebbero impiegare almeno due giornate della preparazione estiva ad insegnare a giocatori e tecnici il regolamento, magari anche togliendole ai famosi gradoni.

È impossibile praticare uno sport del quale non si conoscono a fondo le regole.

È di poco tempo fa la protesta di un giocatore Juniores sentita con le mie orecchie: “Arbitro! È fuorigioco!” Peccato che lo avesse detto dopo una rimessa laterale.

Possibile che arrivi a 19 anni a giocare un campionato regionale senza sapere l’ABC del calcio?”

Essere arbitro è una missione. Ma andrebbe vissuto come un gioco.

L’Aia e la Figc non possono restare indifferenti.

Ripeto la stessa frase che chiuse il pezzo qualche giorno fa: “Senza arbitri il calcio finirebbe!”.

Riceviamo e pubblichiamo

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