È un compito difficile restare umani nella disumanità
Una nascita, una nuova vita che trionfa sulla devastazione, sulla distruzione, sulla morte.
Considereremo questa notizia carica di significato l’espressione della resistenza, della resilienza, dell’amore.
Gli eventi degli ultimi anni e gli scenari mondiali attuali hanno cementificato un terreno fondato sulla precarietà e sull’imprevedibilità.
Impotenza, stanchezza, paura, rabbia, sconforto, disperazione, sono i vissuti che accompagnano comprensibilmente la moltitudine.
Il clima sociale è più teso, sembra esserci il bisogno di identificare un nemico, la tendenza a dover far prevalere un pensiero assolutista, che non lascia spazio alla divergenza e all’integrazione.
Aumentano per strada le liti, lo stress nei luoghi di lavoro, i conflitti in famiglia, le discussione animate sui social network e sui forum online.
Si assiste ad una metaforica “lotta per la sopravvivenza”, in cui la propria sofferenza paralizza di fronte alla possibilità di accogliere e riconoscere quella dell’altro, e in cui il desiderio di vita viene facilmente sommerso, annichilito.
Le relazioni interpersonali divengono facilmente lo schermo proiettivo del proprio malessere, attraverso il conflitto, la distanza, la rottura.
Curare le relazioni umane significa prendersi cura di sé e viceversa, non sentirsi soli nella disperazione e nell’impotenza.
In questi giorni si assiste a molti gesti straordinari di solidarietà e sensibilità, allo slancio spontaneo di fratellanza di chi si sente vicino umanamente a chi è distante fisicamente e sta perdendo tutto in un momento.
Le guerre sono tutte ingiustamente crudeli, in ogni luogo, in ogni parte del mondo.
Rispetto alle azioni belliche dei potenti inevitabilmente si è impotenti ma nella propria realtà quotidiana c’è sempre la possibilità di autodeterminazione, anche di fronte alle innegabili grandi difficoltà della vita.
La pandemia, la guerra vicina all’Europa sono eventi che rischiano di colludere con una tendenza già diffusa nella società moderna italiana, l’individualismo, e di alimentare tensioni, conflitti, climi divisivi nei rapporti comunitari e sociali.
I miti della realizzazione, dell’efficienza e della competizione rischiano di alienare, di offuscare il valore personale e dell’altro, svincolato dalla performance, dalla produttività.
È un tempo utile per poter porre al centro interrogativi fondamentali sul senso di sé, potendo rinunciare all’illusione di bastare a se stessi, riscoprendo l’essenziale.
L’attenzione agli aspetti psicologici e relazionali non è sufficiente ma è fondamentale, è una parte da integrare ad altri bisogni umani, fisiologici, economici, pratici. Il modo di affrontare la realtà concreta è in stretta interconnessione con il proprio equilibrio psicologico ed emotivo.
Nei momenti fortemente critici sono i bisogni psicologici che rischiano di essere trascurati di fronte alle crude ed innegabili emergenze di sopravvivenza.
Dott.ssa Giulia Gregorini