Roma: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha visitato Corviale in occasione dell’inaugurazione del campo di calcio dei “miracoli”, un progetto promosso da “Calciosociale”.

“Dalla distanza sociale al valore della comunità”

Trasformiamo i campi di calcio in palestre di vita” è uno slogan sostenuto dal Calciosociale, società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro che opera nei contesti ad alto rischio di devianza giovanile.

Calciosociale nasce nel 2005 con la macro finalità di rendere il calcio uno strumento educativo e pedagogico, un canale per promuovere valori umani essenziali in bambini e adulti.

L’accoglienza, le capacità relazionali, il rispetto per l’altro, la promozione della coscienza collettiva e l’integrazione delle diversità sono i principi che orientano la mission, coinvolgendo individui e famiglie.

Sono le risorse, anche nei ragazzi più “difficili”, ad essere considerate il motore fondamentale per la crescita e il cambiamento.

I giovani, soprattutto coloro che provengono da contesti di forte deprivazione; vengono quindi sostenuti nel maturare una percezione di sé fondata sulla consapevolezza del proprio valore, sull’autostima e nella prevenzione e contrasto di rischi e condotte antisociali.

È il rispetto per sé, per l’altro e per l’ambiente che viene trasmesso incisivamente nelle attività di condivisione e incontro.

In un momento storico segnato da un forte senso di precarietà e dalla diffusione dell’angoscia di morte; queste attività sono indispensabili per sostenere la crescita dei bambini e degli adolescenti, futuri adulti del domani.

Un domani che appare sempre più sfumato, incerto, minaccioso, ancor più dopo la diffusione della pandemia e alla luce dei recenti avvenimenti bellici.

I ragazzi sono protagonisti di una realtà che spesso non offre riferimenti sicuri; né in famiglia, in cui i ruoli sono sempre più confusi; né a scuola, dove gli insegnanti migrano da un anno all’altro; neanche nella società minata da eventi globali traumatici e inattesi.

Per i giovani di oggi è difficile fare esperienza della continuità e della sicurezza.

A trionfare sembrano essere i miti del successo, dei “soldi facili”, dell’individualismo e delle scorciatoie senza sacrificio.

L’altro viene sempre più percepito a livello inconscio come una minaccia da cui difendersi,  uno strumento di conferma del proprio ego.  È l’ottica della competizione ad offuscare la possibilità di cooperazione.

Il sano bisogno dell’altro tende ad essere non riconosciuto, illudendosi di “bastare a se stessi”, con il rischio di una deriva narcisistica ed alienante.

Ciò non rappresenta la manifestazione di comportamenti sbagliati da correggere, ma l’espressione di una fragilità sommersa, connessa a molteplici fattori.

L’esperienza della relazione come luogo sicuro è fondamentale per crescere in modo sufficientemente sano; con fiducia verso sé e verso l’altro, raggiungendo un buon adattamento sociale.

Oggi spesso le famiglie sono isolate, i vicini di casa sono quasi sconosciuti, così come i parenti meno prossimi.

Il mondo virtuale sembra offrire maggiore vicinanza di quello reale: ci sono più connessioni che relazioni.

In passato, complici diverse variabili e condizioni, la comunità sociale veniva percepita come fonte di supporto fondamentale, i rapporti erano caratterizzati da minore distanza.

Poter recuperare il valore della comunità è importante, ancor di più in questo complesso periodo storico che rischia di alimentare conflitti e climi divisivi.

È fondamentale promuovere attività sul territorio che possano ripristinare le possibilità di umanizzazione e relazione; favorendo un senso di condivisione e appartenenza, a partire dai più piccoli.

Stare in relazione è un bisogno sano ed essenziale dell’essere umano.

Le crisi che stiamo attraversando, sottendono quindi, l’opportunità di mettere in discussione modelli di vita che si stanno rivelando rischiosi e fallimentari; recuperando tracce di umanità spesso sbiadite e il valore della collettività e della comunità.

Dott.ssa Giulia Gregorini

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