Appuntamento settimanale con la Dott.ssa Giulia Gregorini
Dal 1 gennaio in molte sale cinematografiche si assiste alla proiezione del film “I migliori giorni”, diretto da Massimiliano Bruno e Edoardo Leo.
È un film corale strutturato in quattro episodi, relativi a quattro ricorrenze, Natale, Capodanno, San Valentino e l’8 marzo.
Si colora di toni ironici e drammatici e affronta lo svelamento di temi che riguardano la collettività, inerenti ai rapporti interpersonali, alle relazioni di coppia e familiari, all’interazione costante individuo – sistema, alla parità di genere.
Pone in rilievo il confronto tra il sentire personale e le convenzioni sociali, sollecita interrogativi sulla ricerca di senso.
In queste brevi righe non ci soffermeremo su considerazioni tecniche e cinematografiche, che spettano a chi ne ha la competenza, ma estrapoleremo input di riflessione per ciascun episodio trattato.
Una famiglia a Natale
Nel primo episodio viene narrata la cena della vigilia di Natale di tre fratelli, coinvolti in conflitti irrisolti e antichi dissapori che attraverso nuovi pretesti riemergono incisivamente.
Input di riflessione:
- L’attribuzione di ruoli rigidi ai figli (ad. esempio figli perfetti e pecore nere) non sono rappresentativi della totalità delle persone e ostacolano la coesione tra fratelli.
- I bisogni irrisolti nella propria storia di sviluppo possono compromettere la capacità degli adulti di sintonizzarsi sui bisogni dei bambini.
- I confini tra la famiglia d’origine e la famiglia attuale devono essere chiari e flessibili.
Il rischio di confini labili è la mancata protezione del nuovo nucleo familiare. Il rischio di confini diffusi è l’assenza di condivisione emotiva.
Capodanno – Il confronto tra classi sociali
Nel secondo episodio protagonista è una famiglia benestante che per immagine sociale si reca al veglione di una mensa sociale, che vedrà un epilogo tragico, l’emersione della discrepanza tra apparenza ed essenza; la distanza tra ceti sociali eterogenei.
Input di riflessione:
- L’iper-coinvolgimento lavorativo può rappresentare una difesa psicologia, un antidepressivo. La tendenza a “guardare fuori” per non toccarsi dentro. L’attenzione esasperata alla forma, al giudizio, all’apparenza può rinforzare il meccanismo di difesa della negazione, la tendenza a mistificare e non affrontare le fragilità personali e familiari.
- La deprivazione non necessariamente rende sensibili e grati.
La sofferenza può inaridire e può rendere difficile la gratitudine. Può rinforzare la percezione dell’esterno come nemico e minaccia.
Chi svolge professioni di aiuto è importante che non cerchi conferme narcisistiche ma che possa porre al centro la persona bisognosa, accogliendo e ri-significando vissuti e comportamenti. - Le dipendenze patologiche (tossicomaniche e comportamentali) si strutturano sull’assenza di esperienze di dipendenza sana in età infantile.
San Valentino – Innamoramento, Amore, Dipendenza
Il terzo episodio racconta le vicende di una coppia sposata da 25 anni, tra tradimenti, paure, certezze e desideri.
Input di riflessione:
- La differenza tra Innamoramento e Amore: il primo corrisponde all’ideale dell’altro e del rapporto, il secondo all’accettazione profonda dei limiti e delle mancanze.
- L’attrazione per l’impossibilità può celare la paura della crescita e dell’intimità, scarsa autostima e nodi di dipendenza irrisolti.
- La coppia perfetta non esiste. È la struttura più fragile e al contempo portante della famiglia, protagonista di sfide complesse, della scommessa di restare viva nei mutamenti personali, familiari e nei cambiamenti sociali.
L’8 marzo – Donne, madri e lavoratrici
Il quarto episodio vede protagonista una donna, che attraversa un momento personale fortemente critico e che viene ostacolata sul posto di lavoro.
Input di riflessione:
- La parità di genere non significa annullare le differenze.
- Le prime rivali delle donne spesso sono donne. La tutela di Sé non può essere delegata a qualcun altro ma è responsabilità e diritto personale.
- Per una donna può essere difficile integrare i bisogni affettivi e la realizzazione professionale.
È fondamentale riconoscere i propri bisogni, contrastando il rischio di aderire passivamente a stereotipi, modelli sociali e aspettative esterne.
Conclusioni
Il rischio può essere quello di collocare questo film in una fotografia di ipocrisia e nichilismo, la possibilità è mobilitare una ricerca di senso che non può prescindere dall’umanizzazione e dal bisogno di appartenenze.
A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini Psicologa – Psicoterapeuta