Nuova Provincia Porta d’Italia. Paolo Poletti: “Si apre un nuovo corso; progetto rivalutato”

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Lo stimato professore, Consigliere Comunale a Civitavecchia, vede nuovi, importanti, sviluppi dopo l’approvazione del disegno di legge per Roma Capitale

Il 30 u.s. il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge costituzionale su Roma Capitale, che introduce modifiche significative all’articolo 114 della Costituzione, inserendola tra gli enti costitutivi della Repubblica, accanto a Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e lo Stato.

Il provvedimento, che attribuisce alla Capitale potestà legislativa propria in materie come trasporti, urbanistica, turismo e servizi sociali, segna un punto di svolta:

Roma cessa d’essere solo un simbolo e diventa un vero “ente autonomo” con risorse e un perimetro normativo dedicato.

Nel contesto internazionale, molte capitali occidentali godono di regimi speciali o statuti autonomi: Berlino è un Land, Bruxelles una Regione autonoma, Washington D.C. è un distretto federale, Londra ha una governance speciale.

Finora, la governance metropolitana, istituita con la legge Delrio del 2014, ha mostrato limiti evidenti, aggravati dalla sovrapposizione di ruoli tra Comune di Roma e Città Metropolitana, con il Sindaco metropolitano coincidente con il Sindaco della Capitale.

Questo assetto ha reso marginale la rappresentanza e la pianificazione territoriale per le aree esterne al centro romano.

Proprio a quest’ultimo proposito, il salto di scala non riguarda soltanto le mura capitoline. Nel momento in cui Roma potrà decidere in prima persona su infrastrutture, pianificazione territoriale e fiscalità, l’attuale Città metropolitana –

un territorio più esteso dell’Umbria, amministrato finora dal sindaco di Roma – perde coesione: molte aree si ritrovano ancora più periferiche rispetto a un centro destinato a diventare, di fatto, una «città-regione».

È dentro questa faglia istituzionale che va attentamente rivalutata la proposta di una nuova provincia “Porta d’Italia”, disegnata lungo il litorale nord-occidentale da Fiumicino a Ladispoli, Cerveteri, Santa Marinella, Civitavecchia, Tarquinia, Montalto di Castro, Monte Romano e i borghi collinari di Tolfa e Allumiere.

I promotori – un fronte trasversale di sindaci e parlamentari che annovera, tra i primi, l’on. Alessandro Battilocchio (che il 31 marzo 2025 ha presentato alla Camera una proposta di legge istitutiva) e il Sindaco di Fiumicino, Mario Baccini – insistono su due argomenti chiave.

Primo: quel tratto di costa ospita il principale scalo aereo nazionale e il porto crocieristico più trafficato del Paese; metterli sotto la stessa regia significherebbe trasformare il Tevere e il Tirreno in un corridoio logistico unitario, senza dover passare ogni volta per Campidoglio e Palazzo Senatorio.

Secondo: i sette comuni coinvolti condividono un profilo economico, turistico, balneare, agroalimentare e servizi collegati di qualità, che oggi fatica a farsi sentire in un’Area metropolitana centrata quasi esclusivamente sulle priorità della grande capitale.

Il nesso fra la riforma costituzionale e la nascente “Porta d’Italia” diventa dunque evidente. Più Roma

assume funzioni di rango regionale, più diventa coerente che i territori costieri si dotino di un ente

capace di negoziare al pari della nuova Roma-Città-Stato:

non per contrapporsi, ma per costruire una relazione complementare tra hub aeroportuale, hub

portuale e retroterra produttivo.

Anche lo slogan scelto da Fiumicino – «non siamo la periferia di Roma ma la sua porta sul mondo» –

suona oggi meno retorico bensì programmatico.

A chi teme un’ulteriore frammentazione, si può rispondere che la riforma di Roma Capitale,

paradossalmente, libera spazio per un Lazio policentrico:

se il cuore amministrativo diventa più autonomo e concentrato, le aree circostanti guadagnano margini

per sperimentare forme di autogoverno adeguate alle loro vocazioni.

La “Porta d’Italia” potrebbe essere il primo tassello – per ora il più maturo – di una stagione di

redistribuzione del potere locale, in cui anche per il quadrante sud della Città metropolitana si

potrebbero ipotizzare assetti propri.

In definitiva, la modifica dell’art. 114 non rende automaticamente realtà la nuova provincia, ma ne

accresce la plausibilità politica: riconoscere Roma come soggetto speciale rafforza, per contrasto,

la legittimità dei territori che chiedono di organizzarsi in modo altrettanto coerente con le proprie

esigenze.

Se il Parlamento completerà il percorso, il Lazio potrà ritrovarsi nel 2027 con una Capitale a statuto

potenziato e, appena fuori dal Grande Raccordo, con un nuovo ente costiero pronto a diventare –

nomen omen – una vera “Porta d’Italia”.>>

Prof. Paolo Poletti

Riceviamo e pubblichiamo

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