Con una riflessione densa di memoria personale e di attualità politica, Salvatore Ladaga, Presidente del Consiglio Comunale di Velletri e storico esponente berlusconiano, interviene nel dibattito sulla giustizia e sul rischio di un nuovo clima giustizialista.
Nella sua lettera aperta, Ladaga prende spunto da un recente articolo pubblicato su Il Foglio, in cui Antonio Di Pietro, simbolo della stagione di Mani Pulite, lancia un allarme contro l’eccesso di sospetti che rischia di paralizzare lo sviluppo, in particolare quello di Milano.
Ladaga, pur senza rinnegare l’importanza della legalità, lancia un messaggio chiaro: serve equilibrio tra trasparenza e giustizia vera, non basata su insinuazioni o processi mediatici.
Un appello alla responsabilità di politica, magistratura e opinione pubblica, per non ripetere errori già vissuti e difendere il diritto di costruire e crescere senza essere ostacolati da un clima di delegittimazione preventiva.
Una riflessione personale e politica che si inserisce con forza nel dibattito nazionale, con un invito alla memoria, alla prudenza e al coraggio civile.
Avevo già visto e anche ascoltato le posizioni del Di Pietro uomo di oggi e non Magistrato, rilasciate forse per qualche ripensamento su quanto fatto durante la sua carriera da togato?
Chissà. Sui corsi e ricorsi storici, mio padre lo dice da sempre: “Il tempo è galantuomo”, e prima o poi ristabilisce la verità. Bisogna solo avere la fortuna – o il “culo”, come dice lui – di esserci quando succede.
Io ho buone speranze di vederne ancora tante per via dei geni che forse lui mi ha trasmesso.
Oggi è uno di quei giorni in cui vale la pena fermarsi un attimo e guardare cosa sta accadendo.
Mio padre, alla bella età di 101 anni, è ancora lucido e pienamente presente: con lui ho condiviso la lettura dell’articolo pubblicato su Il Foglio, firmato da Salvatore Merlo, in cui Antonio Di Pietro lancia un allarme chiaro contro il rischio di criminalizzare lo sviluppo.
“Non si può buttare via il bambino con l’acqua sporca… Perché in questo caso il bambino potrebbero anche essere dei reati veri, se ci sono. Ma l’acqua sporca rischia di diventare lo sviluppo di Milano, lo slancio urbanistico, l’efficienza amministrativa, l’attrattività economica.”
Queste parole mi colpiscono, perché raccontano molto più di un caso giudiziario.
Raccontano una mentalità. Una deriva. Un errore che abbiamo già visto, e che qualcuno vuole ripetere.
Anch’io, come il Di Pietro di oggi, non il magistrato di Mani Pulite, credo nella giustizia, ma non nel giustizialismo.
Credo nella trasparenza, ma non nell’insinuazione continua. Perché, come giustamente dice: “Che magari i magistrati pensano che una consulenza data a qualcuno sia in realtà una mazzetta, un bel rapporto amicale, forse, più semplicemente, quella consulenza è invece una reale necessità.”
Non si possono condannare persone, imprese, istituzioni solo su supposizioni o “retroscena” mediatici.
Serve equilibrio, responsabilità, e soprattutto coraggio: quello di distinguere, sempre, tra un’accusa e una prova.
L’articolo lo dice chiaramente, e con forza: “Diventa tutto più opaco, più difficile da dimostrare, più facile da sospettare. Ma anche più rischioso da interpretare.”
Ed è questo il punto. È facile far crescere sospetti in un clima dove “l’opinione, alla lunga, si sovrappone alla prova”.
È il momento in cui la politica, la stampa e i cittadini devono avere lucidità e memoria.
Non possiamo accettare un’altra stagione di sospetti, delegittimazioni e veleni.
Milano non deve fermarsi, come non devono fermarsi tutte quelle realtà, piccole o grandi, che costruiscono e sviluppano il Paese. Per questo oggi parlo.
Non per rivendicare, non per polemizzare. Ma per ricordare.
E per difendere il diritto di costruire, di progettare, di servire il bene comune senza essere messi continuamente sotto processo preventivo.
“Fermarla sarebbe un suicidio nazionale. Si potrebbe anche fare una Mani Pulite ogni 5 anni – dice Di Pietro – basta non trovarsi a vivere in un paese dove non si costruisce più un marciapiede’.
Concordo. Fermare la giustizia è un crimine. Ma anche fermare la verità, quella vera, è un crimine peggiore.
Con rispetto e senso civico,
Salvatore Ladaga Presidente del Consiglio Comunale di Velletri