In diretta a TalkCity WebRadio Ascanio Pacelli e Fabio Forlano: “Uno sport che può parlare a tutti”

Nella puntata del 20 ottobre 2025, ospiti di Swing Capitale sono stati Ascanio Pacelli, presidente della PGAI e general manager del Terre dei Consoli Golf Club, e Fabio Forlano, maestro e professionista del Golf Club Parco de’ Medici.

Un confronto ricco di spunti che ha toccato la crescita del golf in Italia, la formazione dei professionisti e il ruolo decisivo della comunicazione nel rendere questo sport più accessibile.

Pacelli ha raccontato le origini della sua passione, nata da bambino grazie ai genitori e diventata, con il tempo, una missione personale e professionale.

Dopo una carriera come giocatore e istruttore, ha scelto di mettere la propria esperienza al servizio del movimento golfistico, prima come consigliere federale e oggi come presidente della PGAI.

«Il golf – ha spiegato – deve essere percepito come uno sport per tutti, non elitario. Servono cultura, apertura e occasioni per farlo conoscere da vicino».

Proprio la formazione è uno dei cardini del suo impegno: la collaborazione tra PGAI e Federazione, la nascita di un comitato tecnico-scientifico e il rinnovamento della Scuola Nazionale di Golf mirano a creare professionisti completi,

capaci non solo di insegnare tecnica, ma anche di comunicare, accogliere e gestire. «Un maestro oggi – ha sottolineato – deve essere anche un manager e un educatore».

Fabio Forlano ha portato la prospettiva del campo, quella quotidiana del contatto con gli allievi. «Non basta costruire uno swing, bisogna formare un golfista – ha detto –.

È un percorso che unisce tecnica, mentalità e comportamento». Per lui, l’etichetta e il rispetto in campo restano elementi fondamentali, valori che vanno trasmessi fin dalle prime lezioni per costruire non solo giocatori, ma persone consapevoli.

Tra i temi più sentiti, quello dell’inclusione e della diffusione del golf nelle periferie.

Pacelli ha ricordato l’idea di creare campi pratica in aree urbane strategiche, per avvicinare nuovi giocatori e superare la barriera culturale che ancora separa molti da questo sport.

«È un progetto ambizioso – ha spiegato – ma servono sinergie concrete: spazi comunali, investitori privati e una visione di lungo periodo. Non basta piantare delle reti: bisogna garantire manutenzione, sicurezza e sostenibilità economica».

Un precedente, ha ricordato, risale agli anni Ottanta, quando un campo pubblico a Tor de’ Cenci fu chiuso dopo pochi mesi.

«Per questo – ha aggiunto – serve un modello che regga nel tempo, coinvolgendo scuole, famiglie e territori».

L’esperienza di un progetto pilota in una scuola media, dove per un anno un’ora di educazione fisica era stata sostituita dal golf, ha mostrato quanto entusiasmo possa nascere nei giovani se guidati nel modo giusto.

Sul fronte della didattica, Forlano ha spiegato come le nuove tecnologie abbiano rivoluzionato l’insegnamento, pur richiedendo competenza e discernimento. «I numeri aiutano, ma contano fino a un certo punto.

Quello che davvero importa è come il giocatore riesce a portare in campo ciò che ha imparato».

La formazione continua, resta una priorità per la PGAI, che offre ai professionisti strumenti di aggiornamento costanti e di alto livello.

Forlano ha poi approfondito il tema della preparazione dei maestri, sottolineando come oggi un insegnante debba unire competenze tecniche e relazionali.

«Chi intraprende questo percorso – ha spiegato – deve studiare regole, psicologia, biomeccanica e comunicazione.

La Scuola Nazionale di Golf e la PGAI formano professionisti capaci non solo di correggere uno swing, ma di trasmettere valori, motivazione e passione. Serve aggiornamento continuo, spirito di osservazione e la capacità di adattarsi a ogni allievo».

Entrambi hanno infine riflettuto sull’eredità lasciata dalla Ryder Cup di Roma, un evento che – come ha ricordato Pacelli – ha acceso un faro sul golf italiano, pur dovendo fare i conti con le difficoltà post-pandemia.

Forlano ha confermato come molti si siano avvicinati al golf dopo aver vissuto quell’atmosfera unica, fatta di tifo, squadra e passione.

Tuttavia, entrambi concordano sul fatto che l’impatto mediatico non sia stato pienamente valorizzato:

«Bisogna portare il golf in televisione a orari accessibili, farlo entrare nella quotidianità delle persone,

come avviene per altri sport», ha osservato Pacelli.

Dalla formazione dei maestri alla divulgazione sui social, dall’inclusione alla promozione nelle scuole, il

messaggio è chiaro: il golf può e deve essere raccontato come esperienza di condivisione, divertimento e

crescita personale.

Non uno sport di pochi, ma una passione che unisce generazioni e mondi diversi, fatta di rispetto, natura e spirito di squadra.

Un dialogo autentico e appassionato che restituisce il ritratto di un movimento in evoluzione, dove competenza e passione camminano insieme e il golf si conferma sempre più uno sport capace di parlare a tutti.

Francesca Alvi. TalkCity.it Redazione

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