La credibilità della Germania vacilla… sembra voluta una “strategia della tensione” orchestrata da entità estere con l’obiettivo di destabilizzare il paese

Negli ultimi due anni, la Germania ha affrontato una serie di attentati le cui matrici non sembrano riconducibili a un’unica ideologia o gruppo organizzato.
Questo fenomeno è stato ulteriormente complicato dall’uso dei social media come strumenti di reclutamento e radicalizzazione, rendendo più difficile tracciare connessioni dirette tra gli attentatori e organizzazioni terroristiche note.
Parallelamente, il panorama politico tedesco evidenzia una divisione geografica: nelle regioni orientali, il partito di destra Alternativa per la Germania (AfD) ha guadagnato un significativo consenso, mentre nelle regioni occidentali prevalgono forze politiche tradizionali e moderate.

La combinazione di questi fattori porta ad ipotizzare la possibilità di una “strategia della tensione” orchestrata da entità estere con l’obiettivo di destabilizzare il paese.
Tale strategia, storicamente, implica l’uso di atti violenti per creare un clima di paura e incertezza, influenzando l’opinione pubblica e le scelte politiche, ma richiede che il Paese viva una crisi economica e sociale (come fu per l’Italia).
Proprio il contesto di crisi in cui si trova attualmente la Germania contribuisce ad aggravare il quadro.

Il modello economico tedesco, basato su energia a basso costo dalla Russia, esportazioni verso la Cina e deflazione salariale, soprattutto nel settore dei servizi, è ormai in crisi.
La Germania sta affrontando una recessione strutturale e anche la probabile futura Grosse Koalition che governerà la Germania con Mertz quale Cancelliere, potrebbe non avere le risorse politiche necessarie per portare avanti riforme di ampio respiro.
Questo rende la Germania non solo vulnerabile a tensioni interne, ma anche un possibile rischio sistemico per l’intera Europa.

A livello geopolitico, la Germania si trova isolata.
Le attuali turbolenze internazionali stanno spostando l’asse strategico più verso una cooperazione Francia-Regno Unito (pur extra-UE) piuttosto che il tradizionale asse Francia-Germania.
Ciò mina ulteriormente la capacità della Germania di influenzare le dinamiche europee e globali.
A complicare il quadro si aggiunge il nuovo approccio degli Stati Uniti, dove Donald Trump ha espresso chiaramente la volontà di spezzare l’asse Russia-Cina, riavvicinando Mosca a Washington, anche a costo di sacrificare l’Ucraina in cambio di investimenti economici nella Federazione Russa.

Questo scenario potrebbe ridisegnare radicalmente gli equilibri globali e indebolire ulteriormente l’Europa.
Inoltre, è evidente che molti settori economici e sociali non sono più gestiti da autorità pubbliche, bensì da monopolisti e oligarchi tecnologici, che dettano l’agenda economica e politica mondiale.
Negli Stati Uniti, questi gruppi non solo esercitano una crescente influenza economica, ma condizionano direttamente le scelte politiche del governo, intervenendo in questioni chiave come regolamentazione del digitale, gestione della sicurezza nazionale e rapporti internazionali.

Il potere accumulato da queste élite tecnologiche ha ridimensionato il ruolo delle istituzioni democratiche tradizionali, portando Trump a sostenere apertamente che lo sviluppo economico e l’innovazione non sono più compatibili con i riti tradizionali della democrazia.
Questo pone l’Europa di fronte a un dilemma esistenziale: da un lato, la necessità di adattarsi alla nuova
realtà politica e tecnologica; dall’altro, il rischio di subire una frammentazione e un declino accelerato, a
partire proprio dalla Germania.
Alla luce di questi fattori, l’ipotesi di una “strategia della tensione” orchestrata per destabilizzare la Germania e, di conseguenza, l’Europa, diventa ancora più plausibile.

Sebbene non ci siano prove definitive, è chiaro che la Germania si trova in una posizione di vulnerabilità
estrema, sia dal punto di vista economico che politico, e che eventuali manovre destabilizzanti
potrebbero inserirsi in questo contesto con estrema efficacia.
È fondamentale continuare a analizzare i dati e le dinamiche sociali per comprendere appieno le cause sottostanti a questi fenomeni e adottare le misure preventive più appropriate.
Prof. Paolo Poletti
