Recentemente, nel cuore di Roma, la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) ha presentato la Relazione Annuale 2025, riferita ai dati del 2024.
In quel comunicato ufficiale si dipinge un’Italia sotto pressione: oltre 21.300 operazioni antidroga, quasi 28.000 persone denunciate e 59 tonnellate di sostanze sequestrate, oltre a 124.000 dosi e compresse di droghe sintetiche.
Ma non è solo una questione di numeri: la Relazione mostra che il mercato delle droghe si sta rimodellando.
gruppi criminali cambiano modalità operative, diversificano le rotte e puntano sulle droghe sintetiche, che possono essere prodotte in laboratorio e trasportate più facilmente. L’eroina cala, ma spuntano oppioidi sintetici più insidiosi.
I traffici online, con piattaforme criptate e consegne tramite corriere, sono ormai parte integrante del modello di spaccio.
Le droghe sintetiche sono sostanze create in laboratorio per imitare cocaina, cannabis o oppiacei, ma con effetti molto più forti e imprevedibili.
Le più diffuse sono i fentanili, i cannabinoidi sintetici (Spice, K2) e le Nuove Sostanze Psicoattive (NPS), spesso vendute online come “legali” o “naturali”.
Possono provocare psicosi improvvise, convulsioni, arresti cardiaci e difficoltà respiratorie.
Altri sintomi frequenti sono tachicardia, agitazione estrema, sudorazione intensa, nausea, perdita di coscienza. In caso di sospetta overdose o reazione acuta, è fondamentale chiamare subito il 118.
Un dato importante: i grandi porti europei hanno registrato una flessione nei sequestri di cocaina (quasi -50 %), e in Italia la diminuzione è stata di circa il 44 %.
Ma questo non significa che il traffico cali: semplicemente sta cambiando rotta.
Il Comunicato avverte chiaramente: gli ambienti portuali rimangono zone vulnerabili, per via di possibili infiltrazioni, connivenze interne e meccanismi di “esfiltrazione” dei carichi occultati nei container.
A questo punto emerge una domanda che riguarda anche il nostro territorio: il litorale laziale entra in queste zone a rischio? La risposta è sì — almeno potenzialmente — e i motivi non mancano.
Il litorale laziale, con i suoi porti (Civitavecchia, Fiumicino, Ostia, Anzio, Nettuno e altri scali minori), è una fascia costiera strategica, collegata al Tirreno e alle rotte marittime del Mediterraneo.
Il porto di Fiumicino, pur essendo un porto canale interno, fa parte del network portuale laziale, e potrebbe essere usato per movimentazioni meno vistose.
Civitavecchia è già noto come grande hub portuale con traffici commerciali e collegamenti internazionali. Il litorale romano, che va da Civitavecchia a Nettuno, espone anche la costa urbana a rischi legati al transito marittimo.
Anche se il Comunicato non fornisce dati puntuali su Fiumicino o Civitavecchia, parla chiaramente di vulnerabilità portuale e del fatto che i traffici si stanno spostando verso scali meno controllati. In pratica, il litorale laziale, con i suoi porti costieri, può rientrare nelle aree “rosso chiaro” di attenzione secondo i criteri indicati dalla DCSA.
Da qui nasce un obbligo per istituzioni, forze dell’ordine e società civile: non guardare solo ai grandi porti nazionali, ma presidiare anche gli scali “minori”.
Occorre rafforzare i controlli, migliorare i sistemi di sorveglianza (anche digitali), potenziare le attività di prevenzione nelle aree costiere, collaborare con dogane, capitanerie, autorità portuali e amministrazioni locali.
In conclusione, la Relazione 2025 non è una cartina al tornasole di un problema lontano, ma un segnale che le rotte del traffico si muovono, si reinventano.
E laddove il mare incontra la terra — come nel litorale laziale — serve una guardia alta. Perché una costa non è solo bellezza, spiagge e turismo: è anche potenziale porta, se lasciata scoperta, a traffici che attraversano continenti.
Dino Tropea. TalkCity.it Redazione