Economia internazionale. Doccia fredda a Davos

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2024-02-23 | 10:33h
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Il Prof. Paolo Poletti fa un’attenta analisi sulla crisi mondiale

Prof. Paolo Poletti

<<Mercati finanziari in ebollizione. Crescita economica migliore del previsto. Ottimismo che la
peggiore ondata inflazionistica degli ultimi decenni si stesse spegnendo.

Tuttavia, a giudicare dal tono delle discussioni al World Economic Forum di Davos, nessuno è stato
pronto a festeggiare.

Anche se le grandi economie guidate dagli Stati Uniti si stanno dirigendo verso un “atterraggio
morbido” sulla scia dei brutali aumenti dei tassi di interesse, questo dato viene offuscato dalla
crescente ansia per la miriade di rischi geopolitici che si profilano nel 2024 e che gettano
incertezza sulla formulazione delle politiche.

Le guerre infuriano in Europa e nel Medio Oriente: quest’ultimo conflitto porta alla diversione di
dei traffici marittimi intorno all’Africa meridionale, aumentando i costi aziendali e potenzialmente
l’inflazione.

Allo stesso tempo, otto dei dieci paesi più popolosi del mondo terranno le elezioni quest’anno,
preannunciando un periodo di acuta volatilità politica.

Le più importanti di queste sono senza dubbio le elezioni presidenziali americane di novembre.

La possibile vittoria di Donald Trump nelle primarie ha riacceso le preoccupazioni che la Casa Bianca
possa essere riconquistata da un Presidente con scarsa considerazione per le tradizionali alleanze
statunitensi, o per un sistema internazionale basato su regole già troppo in discussione.

L’ansia non sorprende, seppure l’economia globale abbia resistito allo shock inflazionistico molto meglio di quanto molti si aspettassero: la questione è che l’umore diffuso tra i delegati a Davos si è concentrato sull’impatto che una moltitudine di rischi geopolitici potrebbero avere sulla politica economica: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha usato un tono pessimista, affermando che il mondo è entrato in un’era di “conflitto e confronto, di frammentazione e paura”.

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Ha aggiunto: “Non c’è dubbio che affrontiamo il rischio maggiore per l’ordine globale nel dopoguerra”.

Gli attacchi alle spedizioni nel Mar Rosso, perpetrati dai militanti Houthi, membri della setta Zaydi
dell’Islam sciita, in risposta alla guerra di Israele a Gaza, minacciano di creare un periodo “caotico” per
i produttori e i rivenditori europei, poiché le catene di approvvigionamento vengono interrotte, hanno
avvertito gli esperti di logistica.

Gli Houti erano i meno allineati ideologicamente all’Iran rispetto ad altri gruppi militanti regionali:
tuttavia, la crisi di Gaza li ha attirati al cosiddetto “asse di resistenza” a Israele sostenuto dall’Iran.
Non a caso, Stati Uniti e Stati del Golfo accusano Teheran di fornire agli Houthi tecnologia missilistica
e droni, nonché addestramento.

Per l’Italia il passaggio attraverso Suez vale 154 mld € ogni anno: 43 mld di esportazioni, 111 mld di
importazioni.

Ma c’è anche un altro elemento da considerare: la scarsità di navi. Il tempo di 102 giorni necessario per completare un giro tra l’Asia e il Nord Europa e ritorno attraverso il Capo di Buona Speranza, significa che una linea deve impiegare 16 navi per un servizio settimanale, invece delle normali 12.

Alcune navi, tuttavia, stanno ancora attraversando il Canale di Suez. Pechino è rimasta neutrale rispetto agli attacchi Houthi, ma i prezzi dei noli hanno colpito anche le aziende cinesi.

Essendo l’Europa uno dei principali partner commerciali, la rotta è importante per la Cina, che ha invitato
“tutte le parti interessate” a “garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso”.

Alcune economie stanno già avvertendo pesantemente gli effetti della crisi. L’Egitto è probabilmente uno di queste, data la sua dipendenza dalla navigazione attraverso il Canale di Suez, che ha raccolto più di 9 mld $ in tasse di transito nell’ultimo anno fiscale.

Gli economisti si aspettavano che l’impatto sui prezzi dei beni sarebbe stato relativamente contenuto.

Ma ora crescono le preoccupazioni per gli effetti a catena, più significativi per le materie prime, compreso il petrolio, nel caso in cui le forze statunitensi venissero risucchiate ulteriormente in una crisi regionale che infuria dopo l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre.

Prodotti agroalimentari: la crisi del Mar Rosso può mettere a rischio circa mezzo miliardo di euro di esportazioni di questi prodotti verso il Medio Oriente, l’India e il Sud-est asiatico.

Consideriamo la crescita significativa dell’export agroalimentare italiano verso i mercati asiatici, che negli ultimi dieci anni ha registrato un incremento del 128%, raggiungendo un valore di oltre 6 miliardi di euro,
circa il 10% dell’export agroalimentare italiano.

L’Italia si posiziona al quinto posto tra i principali paesi esportatori di prodotti agricoli e alimentari verso l’Asia, secondo un report di Ismea, dietro Paesi Bassi, Francia, Spagna e Germania.

Inflazione: l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia può alimentare l’inflazione a livello globale, aumentando i costi per consumatori e imprese e potenzialmente influenzando le politiche monetarie delle banche centrali. Al momento, l’inflazione in Italia è scesa a dicembre a +0,6% annuo da +0,7%. Ma è balzata in Germania, +3,8% da +2,3% ed in Francia, +4,1% da +3,9%.

La media dell’Eurozona è risalita al +2,9% dal 2,4 %. Il divario è dovuto ai diversi andamenti dei prezzi energetici, che ora calano molto di più in Italia, -24,7%, che in Europa, -6,7%. In Italia i prezzi core di beni e servizi sono tornati sotto il 3%, mentre nell’area euro sono al 3,4%.

Le tariffe di trasporto non sono ancora aumentate abbastanza da influenzare i prezzi al consumo, ma la situazione potrebbe cambiare, come ha detto ai parlamentari il governatore della Banca d’Inghilterra Andrew Bailey.

Egli ha sottolineato il rischio che costi di spedizione più elevati facciano risalire l’inflazione.

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