Indubbiamente un periodo negativo, un intrecciarsi di crisi: sanitaria, ambientale, geopolitica, e di conseguenza energetica, alimentare e sociale

C’è chi è fermamente convinto di tralasciare per il momento i progetti e obiettivi della transizione
ecologica, e utilizzare i fondi del PNRR per soccorrere nell’immediato le aziende italiane in sofferenza.

Ho trovato invece interessanti le idee e i propositi scaturiti da Agrifood Forum 2022. Le scelte che operiamo oggi potranno salvarci nell’immediato, ma occorre considerare che andranno ad incidere sulle future generazioni.

È necessaria una “resilienza trasformativa” (prendo a prestito il concetto espresso dal prof. Angelo Riccaboni durante il Forum), ovvero superare il momento di crisi attraverso scelte utili per il presente, ma che siano in grado di organizzare il futuro in modo diverso, senza retrocedere su percorsi tristemente conosciuti, ma perseguire la sostenibilità con coraggio e determinazione.

L’Agenda 2030 pone tra i primi obiettivi sconfiggere la fame. Di questi tempi occorre garantire la sicurezza alimentare a tutti, sia per evitare ulteriori crisi e conflitti, e primariamente perché è un diritto
fondamentale.

All’improvviso con cruda evidenza abbiamo appreso l’importanza di questo bene primario: il grano, e di
conseguenza di quanto noi, inquilini del pianeta, siamo strettamente interconnessi gli uni agli altri.

Sostenibilità e sicurezza alimentare, non una dicotomia, ma lo stesso obiettivo: non ci può essere sicurezza alimentare, oggi, se non si persegue una sostenibilità ambientale, economica e sociale.

Non si possono seminare colture inadeguate per il territorio, e renderlo sterile, perseguendo spregiudicati interessi economici, generando povertà per le popolazioni che vi abitano. Nessuno lascerebbe la propria terra, se questa fosse in grado di garantire cibo con cui sfamarsi.

Serve cooperazione tra paesi per individuare azioni strutturali e sinergiche al fine di affrontare e superare
questa crisi alimentare. Serve il supporto della ricerca tecnologica; servono legislatori che operino con chiarezza, con coraggio e immediatezza; last but not least, occorre puntare sulla formazione degli agricoltori.

Swaminathan, padre della “rivoluzione verde” insegnò ai contadini indiani come utilizzare al
meglio le loro terre e uscire fuori dalla fame e povertà. L’Italia è ricca di preziosità alimentari. I prodotti DOP e IGP non nascono nella grande distribuzione, ma da piccoli territori circoscritti.

La parola chiave di questi tempi è “prossimità”, quindi anche un’agricoltura di prossimità, locale, caratteristica e caratterizzante, che operi con sguardo globale, che sia sperimentazione tecnologica, normativa, economica e sociale.

Da un recente sondaggio condotto da Rinnovabili.it è emerso che il 70% degli agricoltori sarebbe
interessato all’agrivoltaico: ovvero continuare ad utilizzare il terreno, anzi poter valorizzare anche terreni
abbandonati, installandovi ad un’altezza di almeno tre metri pannelli fotovoltaici, e quindi nel contempo
cogliere l’opportunità economica di “vendere energia”.

Le perplessità emerse riguardano i costi dell’investimento, per questo sarebbero necessari finanziamenti pubblici, e la scarsa diffusione e conoscenza di questa tecnologia.

Un progetto che coniuga sostenibilità ambientale: energia prodotta da fonti rinnovabili, protezione del
suolo da eventi estremi, miglioramento nella produzione delle colture; sostenibilità economica.

Un ritorno vantaggioso per l’imprenditore, una occasione lavorativa per molti; sostenibilità sociale: un benessere diffuso per l’individuo e le comunità agricole, luoghi di cultura e tradizioni, e dunque di ricchezza immateriale da tramandare alle generazioni future.

Carla Celani

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