Situate a ridosso della costa dell’antica città etrusca di Tarquinia, risalgono tra la fine del XVII e gli
inizi del XIX sec. quando lo Stato della Chiesa affidò all’architetto Giuseppe Lipari l’incarico di
creare una salina per il fabbisogno di Roma e dei paesi limitrofi.
Egli nella progettazione iniziale prese come esempio le Saline in Sicilia, ma si accorse che il territorio sul quale dovevano nascere era completamente diverso da quello siciliano quindi ne modificò la progettazione; inoltre aggiunse nella costruzione delle chiuse che regolarmente venivano aperte per far sfociare l’acqua piovana direttamente in mare.
I lavori vennero portati a termine nel 1830 malgrado le difficoltà incontrate dagli abitanti, contrari
alla realizzazione dell’impianto perché convinti che avrebbero portato insalubrità nell’aria.
La manodopera era costituita principalmente da detenuti che provenivano dal vicino carcere di
Porto Clementino.
Dopo l’Unità d’Italia le Saline ebbero un incremento produttivo: lo stabilimento fu ampliato e migliorato, vennero create nuove vasche e nacque il borgo, ancora oggi visibile, con le abitazioni per gli addetti, e nel dopoguerra l’edificio per la raccolta e il confezionamento del sale venne ristrutturato.
Il funzionamento delle Saline si ebbe fino agli anni 90’ quando la produzione del sale si ridusse notevolmente e lo Stato decise di vendere tutto a privati, ma quelle di Tarquinia, essendo di piccole
dimensioni, rimasero invendute e caddero in disuso definitivamente nel 1997.
Oggi con i suoi 170 ettari, comprendenti 50 vasche, costituiscono un ambiente di notevole interesse
scientifico e naturalistico per la particolare vegetazione che comprende specie molto rare di flora e
di fauna.