Ci sono storie che nascono dal dolore, ma insegnano la pace. La puntata in oggetto ci ha portato nel cuore di una frattura che riguarda migliaia di famiglie: la separazione.
Non quella delle carte bollate e dei tribunali, ma quella che tenta – con fatica e consapevolezza – di salvare ciò che resta dell’amore, trasformandolo in rispetto.
Ospite della puntata è l’Avvocato Maria Luisa Missiaggia, una donna che ha trasformato la toga in strumento di empatia.
Laureata con il massimo dei voti alla Sapienza, pioniera nel diritto di famiglia e nella mediazione, fondatrice dello Studio Missiaggia & Partners e della Onlus Studiodonne,impegnata anche nel recupero dell’uomo violento.
Autrice di due libri che hanno già fatto discutere: “Separarsi con amore si può” e l’ultimo “Separiamoci in due ore”, due titoli che sembrano quasi impossibili, eppure aprono la porta a una visione più umana della crisi di coppia.
Durante la conversazione, emerge un quadro complesso e lucido del nostro tempo. L’Avvocato ricorda come il conflitto coniugale, spesso, non nasca dal male, ma dall’incapacità di gestire le ferite.
C’è un “conflitto freddo” – così lo definisce – che non esplode in urla ma congela tutto: i sentimenti, la comunicazione, perfino l’affetto verso i figli. È una trappola silenziosa, che si nutre di ego e paura.
Avvocato Maria Luisa Missiaggia
Missiaggia racconta come la sua esperienza personale – il divorzio dei genitori nel 1975 – sia stata la spinta decisiva a intraprendere questa strada.
All’epoca l’affido esclusivo era la regola, i padri diventavano figure lontane, pagatori di assegni ma assenti nella vita quotidiana.
Oggi si parla di bigenitorialità, ma nella pratica la figura del “genitore collocatario” resta dominante. Una contraddizione che pesa ancora come un macigno.
La riforma Cartabia ha cercato di dare voce ai bambini, ma la domanda è scomoda e inevitabile: i minori sono davvero in grado di esprimersi con razionalità o vengono influenzati, consapevolmente o meno, da una delle due parti?
Qui entra in gioco il ruolo dei servizi sociali, dei tutori, delle figure che dovrebbero vigilare sul benessere dei minori.
Ma anche su questo Missiaggia invita alla prudenza: “Ogni intervento esterno può essere cura o ferita, dipende da chi lo esercita e da quanto è formato per farlo con sensibilità.”
Si è parlato anche della differenza profonda tra separazioni conflittuali e situazioni di violenza o abuso.
Nel primo caso, dice l’Avvocato, il conflitto nasce da due individui che non riescono a trovare una via pacifica e delegano tutto agli avvocati, al tribunale.
Nel secondo, invece, c’è una figura violenta, abusante, e non si può parlare di mediazione: lì serve protezione, non conciliazione.
È una distinzione essenziale che troppo spesso viene confusa, generando errori giudiziari e nuove sofferenze.
serve una “educazione sentimentale” nuova, un linguaggio emotivo che aiuti le persone a non usare i figli come strumenti di vendetta o compensazione.
“L’amore non finisce con la firma di un giudice,” dice Missiaggia, “finisce solo se smettiamo di rispettare ciò che siamo stati.”
I suoi libri raccontano proprio questo percorso virtuoso, che passa dalla rabbia alla consapevolezza.
“Separarsi con amore si può” non è un titolo poetico, ma un invito pratico: mostra come evitare gli errori classici che portano ogni divorzio in tribunale — il bisogno di avere ragione, il desiderio di punire, l’incapacità di distinguere tra il ruolo di partner e quello di genitore.
Mentre “Separiamoci in due ore” è quasi un manifesto operativo: dimostra che, se c’è volontà e guida, si può davvero trovare una “quadra”, un punto di equilibrio, in tempi brevi e con danni ridotti.
“Separarsi con amore” — concludo nella chiusura della puntata — “è una rivoluzione gentile. Non è la resa del sentimento, ma la sua maturazione.
È il coraggio di non trasformare la ferita in arma.” Una rivoluzione che parte dal cuore, passa per la ragione e arriva, se tutto va bene, ad una pace ritrovata.
Forse è questo il messaggio più potente della conversazione:
che anche la giustizia può avere un volto umano, e che il vero successo non è vincere una causa, ma uscire da un conflitto senza perdere se stessi.
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