Da anni i cittadini dell’Alto Lazio vengono presi in giro, senza distinzione di colore politico. La radioterapia oncologica a Civitavecchia — promessa, annunciata, celebrata in conferenze stampa e tavoli istituzionali — resta un miraggio.
Un progetto mai nato, nonostante i fondi stanziati, nonostante gli impegni solenni, nonostante le continue emergenze dei pazienti oncologici costretti ogni giorno a viaggiare verso Roma o Viterbo per curarsi.
A pagare le conseguenze di questa inaccettabile superficialità è la A.D.A.M.O., l’associazione di volontariato che da anni si fa carico di accompagnare i malati, supplendo a una sanità pubblica incapace di garantire un diritto fondamentale: quello alla cura.
Ritorniamo a sei mesi fa, a una settimana da Pasqua 2025. Nell’Aula Consiliare del Comune di Civitavecchia si tenne l’ultimo “tavolo per la radioterapia”, con la partecipazione di tutti:
la presenza del Vescovo, i sindaci del territorio, la direzione dell’ASL, rappresentanti politici della Regione Lazio, la Fondazione Cassa di Risparmio e, naturalmente, la A.D.A.M.O.
Il vicepresidente dell’associazione, Angelo Lucignani, presente a quell’incontro, racconta:
“Ci aspettavamo la firma definitiva e l’avvio della gara d’appalto. Invece, fu annunciato che i fondi — circa 6 milioni e 300 mila euro stanziati dalla Regione — erano stati ritirati, perché non utilizzati entro i termini previsti. Quei soldi, semplicemente, erano tornati indietro alla Regione.”
Una scoperta amara, che arrivò come uno schiaffo a chi, da anni, attende l’inizio dei lavori.
In quell’occasione l’onorevole Marietta Tidei si affrettò a rassicurare i presenti, garantendo che nel giro di pochi giorni i fondi sarebbero stati nuovamente destinati al progetto. Promesse, ancora una volta.
Ma come se non bastasse, la direttrice generale dell’ASL — dottoressa Marino — spiegò che il progetto originario era ormai superato, che serviva un nuovo piano clinico, un nuovo iter, nuove approvazioni.
Un altro rinvio. Un’altra scusa?
Il sindaco di Civitavecchia, addirittura, provò a vedere il lato positivo: meglio attendere, disse, per avere una macchina “più moderna”.
Un’affermazione che fece inorridire chi, come i volontari dell’A.D.A.M.O. e il primario di oncologia dottor Mario D’Andrea, conosce bene il dramma quotidiano dei pazienti costretti a viaggi estenuanti tra una chemioterapia e una seduta di radioterapia.
Lucignani, con amara ironia, concluse la riunione proponendo di “fare il nodo al fazzoletto”, come a Striscia la Notizia, per ricordare la promessa.
“Quel nodo — dice oggi — sta ancora lì”. Da allora, nessuno ha più detto nulla.
Negli anni non sono mancate proposte concrete da parte di privati disposti a realizzare a proprie spese il centro di radioterapia; addirittura, ci dicono, c’è chi avrebbe proposto l’impegno di donarlo alla Regione Lazio dopo dieci anni.
Un’occasione che avrebbe permesso di abbreviare drasticamente i tempi, salvando vite e riducendo la sofferenza di centinaia di malati.
Ma la politica — quella di ieri come quella di oggi — si è chiusa a riccio. “Non vogliamo privatizzare”, è stata la risposta.
Un dogma ideologico che nasconde l’incapacità di dare soluzioni reali, mentre la burocrazia si mangia i fondi e i cittadini pagano con la propria salute.
Il grido dell’A.D.A.M.O.: basta promesse, servono fatti
Oggi rilanciamo con forza il grido di dolore e indignazione dell’A.D.A.M.O.
Civitavecchia e il suo comprensorio — un territorio vasto e popoloso — non possono più attendere.
Ogni giorno di ritardo significa malati che soffrono, famiglie allo stremo, volontari che fanno ciò che la Regione Lazio non riesce o non vuole fare.
Serve un atto di coraggio politico, al di là dei partiti e delle promesse di facciata.
Serve una decisione immediata e definitiva per avviare la radioterapia oncologica a Civitavecchia.
La salute non può più aspettare. E nemmeno i cittadini.
TalkCity.it Civitavecchia