Questo articolo accompagna il podcast dell’intervista a Gino Cecchettin, ospite di Attualitalk, come approfondimento editoriale a margine dell’ascolto.
Nel dialogo con la nostra redazione, Cecchettin – ingegnere informatico e padre di Giulia – riflette sul senso dell’amore, sull’educazione affettiva e sulla responsabilità collettiva che nasce anche dalle tragedie più profonde.
Un racconto che va oltre la cronaca e interroga la società nel suo insieme.
Amare senza possedere: la lezione di Giulia raccontata da suo padre.

Non è un’intervista come le altre, quella rilasciata da Gino Cecchettin ad Attualitalk. E non è un libro come gli altri Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia.
Entrambi nascono dallo stesso gesto: trasformare un dolore privato in una testimonianza pubblica, capace di parlare a tutti.
Ingegnere informatico, imprenditore, ma soprattutto padre, Cecchettin parla di Giulia con un amore sobrio, mai esibito. La racconta come una ragazza libera, empatica, capace di relazioni autentiche.

Nella lettera che attraversa il libro, Giulia non diventa un simbolo astratto del dolore, ma una presenza viva, quotidiana, che continua a insegnare.
Nel corso dell’intervista emerge con forza un tema centrale: l’amore non coincide con il possesso.
Non è controllo, non è gelosia, non è dipendenza. Cecchettin insiste sulla necessità di superare una narrazione distorta dei sentimenti, che troppo spesso giustifica comportamenti tossici in nome dell’intensità emotiva.

Da qui nasce l’appello a una educazione collettiva all’amore, intesa non come slogan, ma come percorso culturale che coinvolge famiglie, scuole, istituzioni e linguaggio pubblico.
Non basta reagire all’ennesimo femminicidio: occorre interrogarsi su ciò che, prima, non è stato insegnato o riconosciuto.
Colpisce, nel racconto, la scelta consapevole di rifiutare l’odio. In un tempo che chiede condanne urlate, Cecchettin sceglie parole misurate, fragili, ma profonde. Non cerca colpevoli simbolici, ma responsabilità condivise.

Da qui il suo incontrare i giovani e gli educatori nelle scuole terremo privilegiato per far germogliare il seme della speranza in un mondo diverso, più giusto. Da qui la Fondazione intitolata a sua figlia e condivisa con i suoi figli.
A margine del podcast resta una sensazione netta: Giulia, attraverso la voce del padre, continua a parlare.
E lo fa per ricordarci che l’amore è un valore assoluto solo se è libero, rispettoso e reciproco. Tutto il resto non è amore, ma un errore culturale che non possiamo più ignorare.
Maria Laura Platania. TalkCity.it Redazione

