In sole 24 ore a Lampedusa sono sbarcati circa 600 migranti, mentre la Sea Watch è stata spedita a Civitavecchia con a bordo intorno alle 300 persone recuperate in mare.
In tal modo, però, il Mediterraneo resta sprovvisto di navi per i soccorsi d’emergenza, visto che non è stato permesso all’imbarcazione tedesca di approdare nei porti più vicini.
Più precisamente, sono 289 i migranti diretti a Civitavecchia, ma l’approdo nel porto di Roma è lontano ben 3 giorni di navigazione dall’ultimo salvataggio effettuato.
Con il miglioramento delle condizioni meteo, i viaggi dalla Libia e dalla Tunisia riprendono in maniera vigorosa e la necessità di avere navi da salvataggio diviene sempre più impellente.
“Con il gioco che il governo sta facendo, quello di permetterci l’approdo solo in porti distanti, si cerca di intralciare l’operato delle Ong”, denunciano dalla Sea Watch (fonte: Ansa.itAMP). “Destinare la nostra nave a Civitavecchia vuol dire aumentare le sofferenze delle persone che si trovano in viaggio” fanno poi sapere i membri dell’equipaggio.
Ormai è scontro aperto fra il governo italiano e le associazioni che si occupano di salvataggio in mare di migranti. Un gioco pericolosissimo in cui i passeggeri a bordo, già sfiniti psico-fisicamente per la traversata, sono le prime vittime sacrificali.
Il primo settembre è andato in scena un vero e proprio atto eroico da parte del team di soccorso della Sea Watch 5, la quale si è imbattuta in ben 4 imbarcazioni in condizioni precarie nel Mediterraneo che si sono trovate in forti difficoltà per via delle condizioni meteo avverse.
Le navi delle Ong sono lontane oppure ferme per decreto e ciò rende le traversate ancor più pericolose per i migranti in mare. Così facendo, il governo tenta di intimidire chi parte dalle coste libiche e tunisine, ma il prezzo potrebbe essere troppo alto in termini di vite umane. Pur se, in parte, ci sta riuscendo, visto che le traversate dei migranti hanno recentemente cambiato rotte e porti d’approdo, questa mossa risulta essere pericolosissima per i più deboli.
In tal modo, si cerca di disincentivare il viaggio di persone che fuggono disperatamente da guerre e da bande armate sanguinarie presenti sui loro territori. Ricordiamo che al momento in Africa ci sono circa 35 conflitti armati in corso, tra cui ne spiccano alcuni più cruenti, come in in Sudan, Etiopia, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Mali, Mozambico, Somalia, Libia, ma non fanno troppa notizia come le guerre in Ucraina e Israele.
Michelangelo Loriga