Il bullismo sotto analisi
È recente e triste notizia la vicenda che riguarda una ragazzina di 13 anni malmenata da un gruppo di coetanei davanti scuola, ad Ardea, vicino Roma. I genitori ipotizzano che la figlia sia da tempo vittima di atti di bullismo. Le lesioni fisiche della giovane sono rimarginabili, ma sono le ferite psichiche a meritare un’attenzione particolare.
Il fenomeno del bullismo è in crescente diffusione nella realtà socio-culturale italiana, configurandosi come un campanello d’allarme sociale che richiede di essere ascoltato e compreso.
La preadolescenza e l’adolescenza sono le fasi del ciclo vitale in cui si concretizzano più frequentemente i comportamenti di bullismo, ma possono comparire anche con maggiore precocità e in età adulta. Il genere di appartenenze non risulta determinante, sono sempre più coinvolti sia maschi che femmine.
Gli attori protagonisti sono apparentemente “bulli e vittime”, ma dietro il sipario appaiono il gruppo dei pari, la scuola, la famiglia e la società.
La prospettiva sistemico-relazionale ricerca un significato relazionale nel comportamento individuale, il ruolo di “bullo” quindi non viene attribuito solo a chi agisce attivamente la condotta prevaricante, ma anche a coloro che assistono senza intervenire.
Il gruppo può rinforzare i comportamenti del bullo, quando lo coinvolge in esperienze rischiose, riconoscendogli la funzione di leader o di capro espiatorio (colui attraverso cui viene inconsapevolmente espresso un disagio collettivo e i conflitti impliciti).
Molti sono anche coloro che vorrebbero intervenire ma sono paralizzati dalla paura, dal timore di essere esclusi dal gruppo e dalla percezione di assenza di riferimenti adulti sufficientemente normativi e continuativi.
L’assenza di norme definite e condivise dalle figure adulte può generare senso di rassegnazione o la rischiosa autopercezione di invincibilità nei giovani.
La coppia genitoriale, laddove presente, sembra oggi strutturarsi su una competizione simmetrica e non più sulla fondamentale complementarietà.
I “nuovi” genitori sembrano aver reagito ad un’educazione autoritaria e poco affettiva perdendo di autorevolezza e provocando una pericolosa evaporazione delle differenze generazionali, costituendosi come “amici” o “fratelli” dei propri figli.
È fondamentale abbandonare un atteggiamento iper-protettivo, che rischia di ostacolare la crescita dei figli e ripristinare ruoli e limiti chiari, definiti e condivisi all’interno della famiglia.
Categorizzare le caratteristiche del bullo e della vittima in rigidi schemi rischia di essere riduzionistico e non rappresentativo della complessità del fenomeno.
Certamente, sia per i bulli che per le vittime, è fondamentale riconoscere i rischi specifici connessi alla costruzione dell’ identità.
È essenziale riconoscere la fragilità nascosta dei “bulli” e i punti di forza oscurati delle “vittime”.
Considerando la preziosa soggettività della persona, la possibilità di autodeterminazione e la multifinalità di ogni percorso di sviluppo è prioritario proporre interventi preventivi, supportivi o terapeutici che coinvolgano i molteplici attori interessati in un lavoro di rete.
Dott.ssa Giulia Gregorini