Visto per noi da Micaela Taroni

Dodici piccole esistenze spezzate. Dodici storie scelte come testimonianza universale di una colpa

collettiva. Dodici bambini che si sono trovati al posto sbagliato nel momento sbagliato, cadute vittime

della violenza mafiosa.

E “Al posto sbagliato” è il titolo della pièce teatrale di Francesco Pupa, in scena fino a domenica 23 Marzo

allo Spazio Diamante di Roma tratto dall’omonimo libro-inchiesta di Bruno Palermo, che raccoglie 108

storie di minori uccisi dalle mafie.

Lo spettacolo concentra la sua narrazione sul destino di bambini a cui sono stati spezzati i propri sogni,

ma anche sulla storia e sull’evoluzione delle organizzazioni criminali e su quanto abbiano condizionato la

storia del nostro paese, dal 19/o secolo in poi.

E’ un colpo allo stomaco la pièce teatrale di Francesco Pupa, che ci racconta la tragica storia Angelica Pirtoli, la più giovane vittima di mafia, uccisa 1991 brutalmente a due anni, colpevole solamente del fatto che sua madre fosse l’amante di un boss,

o la morte di Dodò Gabriele, colpito da un proiettile nel 2013 a 11 anni mentre correva dietro un pallone in un campetto di calcio a Crotone. Sua unica colpa, vivere in una terra di ‘ndrangheta.

Fazzoletto rosso al collo e accento siciliano, Pupa ricorda tra le tante anche la vicenda di Portella della Ginestra, strage politico-mafiosa avvenuta in Sicilia durante la celebrazione del primo maggio del 1947.

A perdere la vita contadini, donne e bambini, quattro vittime dagli otto ai quindici anni. Stessa sorte ebbe

nel 1994 Nicholas Green, che a sette anni, in vacanza con la sua famiglia, venne raggiunto da un proiettile

mentre si trovava sulla Salerno – Reggio Calabria.

Pezzo per pezzo Francesco Pupa sfata il mito del codice d’onore mafioso, dimostrando che la criminalità

organizzata non conosce onore, quando si tratta di conquistare potere e denaro.

Abbatte così pezzo a pezzo la leggenda che la mafia non uccida mai donne e bambini per imperativo

morale, un mito smontato dai fatti e dalla storia.

Lo spettacolo nasce da una vera necessità morale, dall’urgenza di raccontare la storia di mafia dal punto di vista delle vittime.

Non per niente Pupa sceglie una scenografia scarna, essenziale con alcuni cubi di legno che si montano e si smontano a seconda della storia, in continua trasformazione.

Cubi che diventano via via croci, bare e muri a seconda dello svolgersi della narrazione.

A raccontare le tragiche vicende dei bambini vittime di mafia sono volta per volta il cliente di un negozio, il padre di una vittima, un prete, dei pentiti, la lettera di un bambino, un magistrato.

E’ un viaggio forte quello che la piece fa vivere allo spettatore. Un viaggio che si conclude al binario della legalità.

Perchè la mafia non è invincibile; è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine, come dice Giovanni Falcone.

Per Francesco Pupa raccontare ciò che è accaduto e che accade nel sottobosco mafioso è un bisogno viscerale che lo ha portato a presentare il suo spettacolo anche in scuole con ragazzi difficili,

figli di mafiosi. Insegnare ai più giovani rispetto, senso civico e soprattutto umanità è necessario per crescere gli adulti del domani.

Perchè dire no alla violenza e alla sopraffazione è ancora possibile.

Micaela Taroni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *