
LA SONATA A KREUTZER di L.Tolstoj
regia di MASSIMO VENTURIELLO
Con
Stefano De Santis
Giulia Sanna
Valentina Bandera
Arianna Aloi
Silvia Micunco
Mariachiara Basso
Luci e fonica: Paolo Orlandelli
Costumi: Silvia Polidori
Foto di scena: Davide Selim Damato
Dal 2 al 13 novembre. Giorno di riposo: 7 novembre.
Presso: Teatro di Documenti in via Nicola Zabaglia, 42
(Roma)
Per info e prenotazioni:
tel. 0645548578 – 3288475891
SINOSSI
E’ notte, al bar di una stazione alcune ragazze discutono su questioni d’amore. Nella quiete dell’attesa irrompe un uomo; un viaggiatore senza meta, un’anima agitata in cerca di
interlocutori. Nel suo bagaglio solo una musica della quale non riesce a liberarsi e una storia dalle tinte rossastre, di passione e di sangue.
SCHEDA TECNICA E NOTE DI REGIA
LA SONATA A KREUTZER
da L.Tolstoj
libero adattamento di Massimo Venturiello
Dietro a “La sonata a Kreutzer” (storia di un’esasperazione coniugale culminata in un uxoricidio), c’è sicuramente un atteggiamento nevrotico e ossessivo da parte dell’autore, espresso in una sorta di invettiva, carica di allucinanti affermazioni, contro il matrimonio, la donna, il sesso, visti come depravazione e rovina dell’umanità;
c’è sicuramente una visione cinica e delirante, una maniacalità che si traduce in un nichilismo deprecabile; ci sono sicuramente una sfilza di pregiudizi e di assurdità, come la condanna delle donne che non allattano i figli, l’ossessione contro i medici, l’arte come corruzione, etc., ma allo stesso tempo, in questo
straordinario racconto, ricco di meraviglie narrative, in questo lamento, in questo urlo selvaggio, c’è una
disperazione talmente profonda da offrire, ancora oggi, e forse più che mai oggi, un interessante motivo di riflessione.
La mia idea di messa in scena parte da un’analisi personale dello stato d’animo del protagonista: un uomo, che dopo aver ucciso la moglie, per gelosia, vive in un continuo stato d’angoscia. C’è come una musica dentro di lui, nella sua carne, nelle sue ossa, che non lo abbandona mai; la stessa musica che vide nascere il presunto amore tra sua moglie e il suo amante, quella Sonata a Kreutzer di Beethoven che ora si ripete ossessiva nella sua mente.

Lo immagino, Pozdnysev, poco dopo aver compiuto l’omicidio, verso non si sa quale meta. Non c’è più pace nella sua vita. Solo la musica nella testa e una disperata necessità di trovare sempre nuovi
interlocutori. Ed è proprio da questo che mi piacerebbe partire nella costruzione dello spettacolo. In una stazione ferroviaria, di notte, Pozdnysev, arriva in un bar per rifocillarsi.
Prende parte ad una discussione già avviata (la stessa, ovviamente adattata alle nostre esigenze, che nel
racconto di Tolstoj fa da prologo alla lunga tirata di Pozdnysev), seminando stupore e imbarazzo.
Man mano l’azione dovrebbe spostarsi dalla situazione reale a quella mentale del protagonista. È come se il tutto si trasformasse nella ‘sonata della sua mente’, come se tutti si entrasse nel suo ritmo ossessivo. Pozdnysev rivivrà la sua tragica storia in un continuo rapporto dialettico con gli altri personaggi, sempre in scena.
Questa versione di “Sonata a Kreutzer” vuole essere uno spettacolo più al femminile, ma non femminista. Le cinque donne che circondano il protagonista lo ascoltano come farebbe qualunque essere umano: prima con imbarazzo, poi con empatia, compassione e infine con disgusto, stupore e gelo. Pozdnysev tenterà alla fine di congedarsi, ma in questo caso, il senso di civiltà e giustizia, rappresentato dal coro tutto al femminile, gli impedirà di proseguire nel suo interminabile viaggio.
