Forza Italia dice si… dal PD il veto. Un tira e molla politico che rischia di far scappare i futuri investitori

Il futuro della centrale Enel a carbone di Torrevaldaliga Nord resta incerto, mentre si intensifica il confronto politico dopo l’annuncio del possibile rinvio della sua chiusura, inizialmente prevista per il 31 dicembre 2025.

Una proroga che potrebbe spostare lo stop all’utilizzo del carbone fino al 2038, aprendo scenari destinati a incidere profondamente sul destino ambientale ed economico del territorio.

A far scoppiare la polemica sono state le recenti dichiarazioni di Mauro D’Attis, segretario regionale di Forza Italia, che ha sottoscritto un ordine del giorno in Parlamento per valutare il rinvio del phase-out del carbone a livello nazionale, motivandolo con esigenze di sicurezza energetica in un contesto internazionale instabile.

“Serve mettere in sicurezza il Paese – ha spiegato D’Attis – e ciò significa esplorare tutte le possibilità, come stanno facendo altri Stati.

Non si parla di riaccendere il carbone, ma di mantenere le centrali in esercizio come riserva strategica”.

Una posizione che ha sollevato dure critiche dal Partito Democratico. Maurizio Bruno, consigliere regionale Pd in Puglia,

ha accusato D’Attis di sacrificare la salute dei cittadini per convenienze politiche: “Vuole salvare l’Italia lasciando che le centrali continuino a inquinare per altri tredici anni”.

A difendere la linea di Forza Italia sono arrivati anche i consiglieri regionali laziali del partito, sottolineando come il processo di decarbonizzazione delle centrali di Brindisi e Civitavecchia sia stato avviato proprio grazie a iniziative parlamentari sostenute dallo stesso D’Attis e dal deputato Alessandro Battilocchio.

“Non si tratta di un ritorno al carbone, ma di una misura temporanea e di emergenza per tutelare l’equilibrio energetico nazionale”, ribadiscono gli azzurri.

Intanto, sul fronte civitavecchiese, cresce la preoccupazione tra cittadini, comitati ambientalisti e sindacati,

divisi tra la necessità di tutelare la salute pubblica e quella di garantire occupazione e stabilità economica in un territorio storicamente legato alla produzione energetica.

Il rinvio della chiusura rappresenterebbe infatti un colpo alla tanto attesa riconversione green dell’impianto, ancora oggi in attesa di un progetto concreto e condiviso.

La città resta in bilico tra passato e futuro, mentre la politica si confronta a colpi di comunicati, in attesa che il governo definisca una linea chiara sul destino della centrale e, con essa, su quello di un’intera comunità.

TalkCity.it Redazione Civitavecchia

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